Renzi può definirla come vuole; eufemisticamente anche “voglia di cambiamento”, ma la sostanza non cambia; è stato sconfitto lui e tutto il suo partito. Lo ha ammesso senza mezzi termini ed è l’unica virtù che gli si può riconoscere; quella di non girare diplomaticamente la sconfitta in una “tenuta” o in una “vittoria virtuale”.
Quelle, ha ammesso, sono ridicolaggini che si facevano nella prima repubblica; oggi dovremmo stare nella “terza”…”dovremmo”.
Il trionfo della Raggi, non è un risultato perché non si tratta di una partita di calcio per cui questo deve ancora venire ma non sta, come tutti credono, nella messa in pratica di ciò che questa ha promesso, ma in un’altra situazione. Come ho sempre sostenuto, le elezioni amministrative, sebbene servano a scegliere gli “amministratori”, sono, a tutti gli effetti, politiche come le altre o, tutt’al più, sondaggi politici.
Il nuovo “scacchiere” che si è delineato in Italia, con la vittoria di Virginia Raggi, a Roma, e con la conquista del M5S di tutte le amministrazioni che fino a ieri erano nelle mani del PD, ha un grande, grandissimo significato, al di là di quello che appare.
È un messaggio esplicito a tutti i leaders dei partiti; tutti; a cominciare dalla sinistra, Renzi e compagni, a finire alla destra, Salvini e compagnia cantante.
La situazione è una sola ed è bene approfittarne, se si vuole cambiare realmente l’Italia.
Il PD è nello sfacelo ideologico e Renzi, anche lui, pur di non perdere la poltrona, sta correndo ai ripari (riunione urgente del partito per mettere a fuoco i punti di cedimento). Siccome alla “poltrona” ci siedono tutti, tutti oggi ce l’hanno con lui perché il partito, se continua così, perde la “virtuale” compattezza e già sta alle soglie dello sfacelo. Inoltre il partito, grazie al suo leader, ha perduto il contatto con il popolo e il popolo che crede in quel partito, finalmente “si è rotto le scatole”.
Lunedì 20, “Porta a Porta”, in edizione serale, ha fatto tre ore di analisi e contro-analisi e l’unica cosa concreta che ne è scaturita è stata che il PD, una volta PCI, invece di raccogliere i consensi delle borgate, ha raccolto quelli dei Parioli e del Salario, quartieri di elite, professionisti e alto reddito.
È stato evidente che il distacco dal popolo c’è. La destra non è compatta ed è logorata, in termini concreti si dice dilaniata, da conflitti di alleanza. L’abbiamo visto con gli scontri tra la Mussolini e la Meloni. L’una vuole distruggere l’altra. Inoltre la Meloni è intelligente ma non è affidabile in quanto strumentalizza i meccanismi della politica parlamentare, per appoggiare, con un’uscita dall’aula, il governo a cui, per mandato, dovrebbe fare l’opposizione. Angelino Alfano è meglio non considerarlo in quanto, lo ha dimostrato, per la poltrona, passerebbe sul corpo della madre, per cui è inaffidabile e pericoloso. Resta Salvini che è esplicitamente estremista, per cui dice le cose come stanno e propone i rimedi radicali senza “se” e senza “ma”. Data questa posizione, da una parte riscuote consenso, ma dall’altra riscuote anche timore. Resta Forza Italia nelle mani di un Berlusconi colpito da più situazioni che hanno indebolito la sua presenza e il suo programma liberale e riformistico. In sintesi, se il PD è allo sfacelo ideologico, la destra, per i conflitti di alleanze, non sta meglio. Adesso l’esplosione, o se si preferisce l’esterofilo “exploit”, dei Grillini, manda a tutti, ma proprio a tutti, Mussolini, Meloni, Salvini, e non escluso lo stesso Berlusconi, un grande e importante messaggio. Con questa situazione siamo tornati alla prima repubblica; lo 0,2%, che conquista lo 0,1%, ha vinto e tutti, anche lo 0,1%, magari con un seggio solo, rivendica la sua identità politica e il suo protagonismo personale. Per costoro si tratta di “poltrona”, ma per l’elettore si tratta di “voti perduti” che le identità dei partiti.
A questo punto il politico è furbo, subdolo, conosce i meccanismi di convincimento e di cattura della fiducia, al di là delle realtà che appaiono palesi, e fa anche di tutto per non acculturare l’elettore, altrimenti, per lui la pacchia è finita. In questa situazione, se non si danno una regolata tutti…ma proprio tutti, la situazione fallisce appena decollata.
Che cosa bisogna fare? So che farò un discorso incomprensibile e utopistico ma la situazione si compone di due alternative; o si costruisce adesso, o non si costruisce più. Il PD, in un modo o nell’altro, non diventerà più il vecchio PCI compatto, teutonico, potente e dogmatico, ma si “ricostituirà” tra virgolette e non accetterà la sconfitta senza esclusione di colpi. I Grillini, per mezzo di Grillo, dichiarano di essere pronti al governo nazionale, ma sono giovani e privi di esperienza. Tutti gli altri, non devono ripetere gli errori dei conflitti di alleanza e di protagonismo personale. Se si ricomincia a parlare di “alleanze”, si torna irrimediabilmente alla prima repubblica e adesso si sta facendo proprio questo; ogni 0,1%, 0,3% deve capire che, se ha ancora un significato l’espressione “il bene comune” o “l’amore per l’Italia” (Berlusconi), ciascuno di loro deve rinunciare a qualcosa in funzione di un’aggregazione ideologica e non di un’alleanza numerica e, questo, in funzione della costituzione di un grande centro-destra liberarle e riformistico. L’idea fu di Berlusconi, ma questi si scontrò con “le pulci che avevano la tosse”, per cui, invece di costituire un grande centro-destra, che si opponesse alla sinistra, il progetto si sviluppò, pur di fare numero, in un’alleanza fragile di partiti i cui leaders non volevano rinunciare alla propria identità e al proprio protagonismo. Il risultato fu sotto gli occhi di tutti e ancora dura. Naufragio completo peggiore di quello dei poveri migranti.
Oggi l’exploit dei Grillini, ci dice che la situazione potrebbe essere matura e favorevole al progetto liberal-riformistico che fu. Nonostante la sua età e le disavventure subite, non giudico Berlusconi finito o da doversi ritirare, ma anche lui dovrebbe rinunciare ad alcune idee di protezione dei livelli di reddito più privilegiati, come fece all’inizio, e propendere per una riforma liberale del fisco che nessuno vuole fare e stiamo ancora a quadrare il bilancio quattro o cinque anni dopo la chiusura dell’anno fiscale.
Riusciranno ad entrare nel cervello degli interessati, questi concetti?