Eroi di Nassiriya, ancora vivi nel cuore degli italiani!

“Alte onorificenze ai responsabili della base italiana in Iraq mentre i soldati morti e feriti non hanno ricevuto giustizia”, così scrive il FATTO QUOTIDIANO del 2 novembre con articolo di Chiara Paolin.

“La tragedia di Nassiriya apre una ferita sempre nuova quando a parlarne è una delle vittime. Una di quelle che alla paura, al dolore fisico, alla vita sconvolta, deve aggiungere il disagio di vedere lo Stato che elogia chi quel 12 novembre 2003 aveva la responsabilità del campo mentre i militari che lì hanno perso la vita (o la serenità) si ritrovano nove anni dopo cooptati nel ruolo di comparse inutili, di soggetti senza tutela a margine di un rito istituzionale. C’era anche il Maresciallo Riccardo Saccotelli quella mattina nel campo base quando il camion esplose. Le ossa gli si spezzarono, le orecchie rimasero sorde, ma non poteva immaginare che un giorno così drammatico sarebbe diventato per lui il distacco totale dalla sua passione professionale, civile, e civica. Qualche settimana fa Saccotelli”, scrive Chiara Paolin, “ha ricevuto un’invito: cerimonia per l’Unità Nazionale il 4 novembre al Quirinale. Ma a quella lettera ha risposto con un messaggio in cui spiega al Presidente Napolitano perchè non ci sarà. Spiega, il Maresciallo, che non vuole esserci quando gli uomini che hanno comandato la missione vengono premiati con le massime onorificenze senza che si sia potuto stabilire chi ha avuto la responsabilità della strage”.

Non entriamo in argomento per rispetto dei sentimenti del valoroso Maresciallo, ma diciamo solo che le responsabilità di quei bravi Comandanti, operanti nella più totale solitudine in contingenze tanto difficili e per questo meritevoli del più grande rispetto, sono state valutate dalla Magistratura che ha chiuso definitivamente il caso.

Come ricordiamo, alle 08:40 in Italia di quel maledetto 12 novembre, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti alla base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana di Nassiriya, provocando l’esplosione del deposito munizioni e la morte di diciannove persone tra Carabinieri, militari e civili.  Il tentativo degli attenti e reattivi Carabinieri di guardia all’ingresso della base “Maestrale” di fermare con le armi in dotazione i due attentatori suicidi riuscì appieno, tant’è che il camion non esplose all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, altrimenti la strage sarebbe stata di ben più ampie dimensioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova Polizia irachena e dai civili del luogo.

Ora, quel che voglio in questa sede trattare è quanto accordato dallo Stato ai caduti di Nassiriya, cioè la concessione di quella “Croce d’Onore” che fu istituita ad hoc con  legge n.207 del 14 ottobre 2005 (per chi sia “deceduto ovvero abbia subito una invalidità permanente pari o superiore all’80% della capacità lavorativa, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di atti di terrorismo o di atti comunque ostili commessi in suo danno all’estero durante lo svolgimento di operazioni militari e civili autorizzate dal Parlamento”), vale a dire solo una attestazione commemorativa, assimilabile al Cuore Purpureo (Purple Heart) degli USA, maestri in tante cose, e null’altro.

Fu così che nella ricorrenza dell’attentato, il 12 novembre 2005, il Presidente della Repubblica Ciampi consegnò ai parenti delle vittime la Croce d’onore. Tutto ciò ha lasciato ovviamente l’amaro in bocca sia ai Congiunti dei Caduti, sia ai loro Compagni d’armi, in quanto si riteneva più che giusta e adeguata ai tragici eventi una Decorazione al Valor Militare. E questo anche perché, come prima evidenziato, ci fu reazione armata nei confronti degli attentatori, presupposto necessario per tali ricompense.

Ben diversamente, lo stesso Stato si comportò nei confronti di Nicola Calipari, il valoroso funzionario della Polizia di Stato effettivo al Servizio Informazioni e Sicurezza Militare, cui fu giustamente concessa  la Medaglia d’ Oro al Valor Militare alla memoria per la sua “altissima testimonianza di nobili qualità civili, profondo senso dello Stato ed eroiche virtù militari, spinte fino al supremo sacrificio della vita”. Calipari, come si ricorderà, assunse la direzione dell’ operazione volta a liberare la giornalista Giuliana Sgrena, sequestrata da terroristi in Iraq e, nel momento in cui l’ autovettura sulla quale viaggiava veniva fatta segno di colpi d’ arma da fuoco, con estremo slancio di altruismo, fece scudo alla connazionale con il suo corpo, rimanendo mortalmente colpito.

Concludo, considerando che a volte in questa “piccola”, non certamente dal punto di vista geografico, ma pur sempre per tradizioni di civiltà e cultura grande Italia, le burocrazie dei Palazzi e la modestia della politica non sanno o non vogliono, probabilmente per difetto di valutazione, riconoscere adeguatamente i meriti di propri Figli che con valore hanno rappresentato in armi la Patria lontani da Essa e che nulla hanno chiesto in vita se non il riconoscimento del proprio ONORE da morti! Il risultato che ne consegue è sotto gli occhi di tutti, cioè malcontento e amarezza, tanta amarezza!

Sull’argomento, su questa illustre testata “L’ ATTUALITA'”, che si ispira ai valori di civiltà e democrazia del grande pensatore pugliese Gaetano Salvemini altro articolo di chi scrive, dal titolo “Il Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente intitolato all’Eroe della Patria Alfonso Trincone”del 26 novembre 2011.

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