Giustizia e politica, miscela esplosiva!
Argomento particolarmente scottante in questa campagna elettorale, anche se il fenomeno dei magistrati che entrano in politica non è certo storia solo di questi giorni, ma due nomi conosciuti e ridondanti come Pietro Grasso e Antonio Ingroia, Procuratore Nazionale Antimafia il primo e Procuratore Aggiunto di Palermo il secondo, portano sicuramente a fare qualche riflessione.
Certamente non sulla legittimità delle loro scelte, in quanto candidarsi è un diritto garantito dalla Costituzione a tutti i cittadini, ma sicuramente sulla opportunità di tale scelta, soprattutto in questo periodo già di suo confuso e sconfortante riguardo all’etica ed alla correttezza morale che dovrebbero avere i rappresentanti politici di un paese definito CIVILE!!! Senso di onnipotenza, di protagonismo o smania di potere? Questo è il dubbio che tale fenomeno fa insorgere, perché un magistrato affermato, con tanto di onorevolissima carriera “giudiziaria” o da “inquirente” alle spalle, sente il bisogno di abbandonare quello che per lui deve essere stata una “ragione di vita” (altrimenti il magistrato non lo fai) per buttarsi in questa “Kermesse” di pagliacci arrivisti, economi risoluzionisti o modesti politicanti che occupano lo scenario politico del nostro paese? Tra l’altro, e cosa non da poco, mostrando il fianco a chi ha sempre sostenuto, per “difesa personale”, di essere perseguitato da una magistratura schierata politicamente! Non a caso la vera Magistratura, quella che ha svolto tutta la sua pesante carriera con la mente e gli studi solo rivolti a far valere il senso di GIUSTIZIA, bene più prezioso di ogni democrazia, ha sentito e avuto la forza di esporsi a considerazioni in merito a questo argomento. Nelle recenti inaugurazioni dell’ anno giudiziario, Giorgio Santacroce, Presidente della Corte di Appello di Roma, illustre ospite della celebrazione del ventennale de “L’Attualità”, ad esempio, nella sua relazione, citando uno dei “padri” del diritto italiano Piero Calamandrei che affermava: “quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra”, ha voluto significare «che i giudici, oltre che essere imparziali, devono anche apparire imparziali». Ha continuato insistendo con affermazioni quali: «Non mi piacciono i magistrati che non si accontentano di fare bene il loro lavoro, ma si propongono di redimere il mondo. Quei magistrati, per fortuna pochissimi, che sono convinti che la spada della giustizia sia sempre senza fodero, pronta a colpire o a raddrizzare le schiene. Dicono di essere impegnati ad applicare solo la legge senza guardare in faccia nessuno, ma intanto parlano molto di sé e del loro operato anche fuori dalle aule giudiziarie, esponendosi mediaticamente, senza rendersi conto che per dimostrare quell’imparzialità che è la sola nostra divisa, non bastano frasi a effetto, intrise di una retorica all’acqua di rose. Certe debolezze non rendono affatto il magistrato più umano». Altrettanto chiara e pesante è stata la posizione di Mario Torti, Presidente della Corte d’Appello di Genova, che nella sua relazione ha anch’egli affrontato senza paura l’argomento affermando che «quei magistrati che, dopo aver acquisito notorietà in campo professionale, magari con esposizioni mediatiche non proprio misurate, lasciano temporaneamente la toga per questo o quel partito politico» è «un’anomalia» e «vanno evitate condotte che creino indebita confusione di ruoli e fomentino l’ormai intollerabile e sterile scontro tra politica e magistratura: ciò accade quando il magistrato si propone per incarichi politici nella sede in cui svolge la sua attività, o quando esercita il diritto di critica pubblica senza tenere conto che la sua posizione accentua i doveri di correttezza, compostezza e sobrietà». Questo è sicuramente il pensiero e la speranza del comune cittadino che vivendo onestamente spera sempre di trovare dalla sua parte una giustizia univoca e incorruttibile, UGUALE PER TUTTI senza sfumature di nessun colore politico!!!