Intanto una serie di scandali (l’ultimo, gravissimo, in Campania, dove appaiono coinvolti un ex Prefetto, un ex Questore e addirittura un ex Vice Capo della Polizia).
Tutto ciò ci mostra un’Italia affetta da una malattia divenuta endemica: la corruzione. L’affare Batman, che sottraeva, potremmo dire, “legalmente”, fior di quattrini alle casse della Regione Lazio, ci fa capire che questo sistema è “geneticamente canagliesco”.
Il che sembra aver trovato poi conferma nelle indagini giudiziarie svolte dalle altre Procure e particolarmente nella Regione Lombardia, dove gli indagati sarebbero una sessantina o più!
La causa prossima di queste sfacciate ruberie, a titolo di rimborsi per spese elettorali non meglio specificate e giustificate secondo le vecchie ma salutari norme di contabilità pubblica, sta nel pasticciaccio fatto con la modifica del Titolo V della Costituzione, introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, voluta dalla Lega, che ha trasformato le 20 Regioni italiane in altrettanti statarelli sovrani.
Non riuscendo, la Lega, a fare il “colpaccio” della agognata “scissione”, pur dopo aver bevuto tante ampolle di acqua purissima alle sacre sorgenti del Po, pare non si accorgesse di quel che succedeva in casa sua e ancora si scaglia contro “Roma ladrona”. Ora, per bocca dell’ex ministro Maroni, par di capire che si accontenterebbero di fare una macro-regione: l’euroregione Piemonte- Lombardia-Veneto, un po’ come avrebbe voluto il defunto prof. Miglio.
Questi 20 statarelli sovrani, in virtù di detta legge n. 3/2001, sono sottratti ad ogni controllo amministrativo-contabile da parte della Ragioneria Generale dello Stato e di legittimità in ordine alle spese e al bilancio da parte della Corte dei Conti ex art. 103, 2°co., Cost. La causa remota trovasi, già nel 2° comma dell’art. 1 Cost., che, grazie ad un escamotage, suggerito dall’on. Fanfani, mentre stabilisce che “La sovranità appartiene al popolo”, pone un preciso limite aggiungendo: “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Poi, l’art. 49, lascia mano libera ai partiti di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
È una sorta di norma praticamente in bianco, che li sottrae a qualsiasi controllo contabile da parte della Corte dei Conti (supremo giudice contabile) e a qualsiasi controllo politico da parte degli elettori. Né a tale mancanza ovviamente possono sopperire le tanto strombazzate “elezioni primarie”, pur sempre organizzate dagli apparati di partito “ad usum delphini”.
Insomma, non si può parlare di “autentica democrazia” e avremo sempre un sistema politico mistificante, perché il demòs non ha alcun potere diretto.