In campo i Nuovi Saggi
L’ultimo avvenimento, in ordine temporale, che movimenta il mondo politico ed istituzionale, è la discesa in campo dei nuovi Saggi incaricati di selezionare, eviscerare, modificare e proporre al Comitato dei 40 (di fatto una nuova Bicamerale), alcune norme della carta costituzionale.
Questa volta al capezzale della nostra Repubblica, alquanto acciaccata da vecchie e nuove patologie funzionali, sono stati chiamati ben 35 specialisti, (tra cui un nutrita rappresentativa femminile), tutti scelti dal Consiglio dei Ministri. Si tratta di un vero e proprio trust di cervelloni con curriculum ed incarichi, affidati loro in passato o tuttora ricoperti, di altissima rilevanza interna ed internazionale, degni, indiscutibilmente, della “nomination” al Premio Nobel nelle rispettive discipline esercitate. Sul piano della competenza e dell’enorme fardello scientifico e culturale individuale, nessuna riserva perché, obiettivamente, non si poteva fare di più e meglio. Tuttavia, il cosiddetto “uomo della strada”, il più delle volte disinformato, non “acculturato” e lontano dai “salotti bene” della politica, della finanza e dell’economia, nel momento in cui sente parlare della necessità di rappresentare, nella scelta di costoro, tutti gli orientamenti e le anime politiche, allora qualche perplessità gli arrovella il cervello. La ragione principale va ricercata nella voragine apertasi tra i partiti e la maggior parte degli Italiani, amareggiati, delusi ed avviliti non solo per lo scialacquamento del denaro pubblico specie in un momento di grave crisi come quella che stiamo attraversando, ma anche, e soprattutto, per la desolante assenza di valide ed incoraggianti prospettive nel breve e medio termine. Qualcuno si spinge oltre e si chiede a cosa è servito il lavoro della prima squadra di Saggi scelta dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel precedente governo dei tecnici, temendo che la più o meno inutile esperienza di solo alcuni mesi fa, possa ripetersi. Nessuno nega o sottovaluta le enormi difficoltà insite nella riforma o nella rimodulazione di alcuni articoli della “carta magna”, ma pur apprezzando la volontà e la determinazione del governo Letta, si rafforza il convincimento che tra il dire ed il fare ci sia veramente il mare. Tra i motivi di una malcelata malinconia, ricorre, ad ogni piè sospinto, la prevista abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, enfatizzata veramente oltre misura. Infatti stupisce il fatto che il provvedimento non va in vigore prima del 2017 e, successivamente, tra il 2×1000 sulla denuncia dei redditi ed i finanziamenti privati, si finisce per persuadersi che il “mostro” che desideri buttare fuori dalla porta, potresti vedertelo rientrare trionfalmente dalla finestra. Questo stato di cose potrà anche minare e scalfire la resistenza dei cittadini onesti, ma ci si augura che non riesca mai ad annientare la speranza e la fiducia di uscire dal tunnel e scoprire un mondo migliore.