Ispirandosi ai grandi politici del passato per un’Italia davvero migliore!
L’Italia vìola i diritti dei detenuti tenendoli in celle dove hanno a disposizione meno di 3 metri quadrati; per questo, la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ci ha condannato per trattamento inumano e degradante di 7 carcerati detenuti nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza a pagare, con i soldi del contribuente, un ammontare totale di 100 mila euro per danni morali.
Nella sentenza, la Corte invita l’Italia a porre rimedio al sovraffollamento carcerario, evidenziando che tale problema in Italia è di natura strutturale, ammonendo di aver già ricevuto più di 550 ricorsi da altri detenuti che sostengono di essere tenuti in celle dove avrebbero non più di 3 metri quadrati a disposizione. I Giudici Europei chiamano quindi le Autorità italiane a risolvere il problema del sovraffollamento, anche prevedendo pene alternative al carcere. La prima condanna meritata dall’ Italia risale al luglio del 2009 e riguardava un detenuto nel carcere di Rebibbia di Roma. Dopo questa prima condanna l’Italia ha messo a punto il “Piano Carceri” che prevedeva la costruzione di nuovi penitenziari e l’ampliamento di quelli esistenti oltre il ricorso a pene alternative al carcere. Cosa è stato fatto in questi quattordici anni? Il solito italico nulla; no, anzi, nel luglio 2006 ci fu il famoso indulto Mastella “extralarge” svuotacarceri, voluto da centro-sinistra e centro-destra (contrari IdV, An, Lega, astenuto Pdci) che prevedeva 3 anni di sconto di pena a chi aveva commesso reati prima del 2 maggio di quell’anno; lo sconto valeva anche per i reati contro la pubblica amministrazione (che sul sovraffollamento delle carceri non incidevano per nulla), compresa la corruzione giudiziaria. Bene, invece di intristirci con le nullafacenze parolaie della politica dell’oggi, implementate dalle scorribande giornalistiche e televisive per rassicurare l’elettore che a febbraio in Parlamento sarà mandato il fior fiore della società italiana, volendo restare in tema di Giustizia, perché anche il sistema carceri si inquadra nel gran tema della Giustizia, desidero intrattenere su temi positivi e concreti, per cui devo necessariamente andare molto a ritroso nel tempo e tratteggiare con sentimenti di nostalgia e rimpianto la figura dell’ On. LUIGI DARI, illustre marchigiano della Provincia di Ascoli Piceno, sul quale su questa testata ci siamo già intrattenuti con articolo del 15 Marzo 2011, attingendo informazioni dal bel libro di Daniele Ricciotti ed Erminia Tosti Luna dal titolo “LUIGI DARI, FIGLIO ILLUSTRE DI FOLIGNANO, L’UOMO E IL POLITICO”- Ascoli Piceno, 2005. L´attività politica di LUIGI DARI, grande avvocato e fine giurista, di orientamento liberal-monarchico, iniziata come Sindaco di Ancona, assunse valenza nazionale dal 1891, anno della sua prima elezione in Parlamento, al 1919, anno della Sua prematura morte. Si era nella piena età giolittiana, che operò attivamente per ridurre le vistose diseguaglianze economiche e sociali di un´Italia da pochi decenni unificata. Con Giolitti, Dari fu Sottosegretario di Stato al Ministero dei Lavori Pubblici. Il 2 aprile 1914, Antonio Salandra presentò il suo nuovo Governo, chiamando DARI alla responsabilità di Ministro della Giustizia e dei Culti ,
riconoscimento delle sue apprezzate qualità politiche e di giurista. Nelle funzioni di Guardasigilli, DARI presentò subito alla Camera una complessa riforma del processo civile, reintroducendo la collegialità dei Tribunali nelle cause di prima istanza, con l’abolizione del Giudice Unico introdotta con Legge del 1912 che aveva evidenziato vistose criticità. DARI, nella circostanza, non sottovalutò che il dispositivo del sistema collegiale era reso difficoltoso dalla carenza di Magistrati, che aveva già portato a ridurre la composizione delle Sezioni delle Corti d´ Appello, in materia civile, da cinque a tre Giudici; da qui, la necessità di aumentare il numero complessivo dei Magistrati d´Appello di cinquanta unità e di quelli di Tribunale di ben duecento. Venivano, inoltre, immessi nelle mansioni giurisdizionali ulteriori quarantanove Giudici per le importantissime funzioni di Pretore (figura fondamentale dell´ ordinamento giudiziario, abolito dal nuovo Codice di Procedura Penale del 1989); non mancò, ancora, il provvido Ministro, di accordare ai Magistrati adeguati compensi economici e vantaggi di carriera, grazie ai nuovi inserimenti in ruolo. Attesa l´urgenza di nuovi Magistrati, per evitare le lungaggini dei concorsi tradizionali, all´epoca particolarmente complessi, il Ministro autorizzò, in via eccezionale, sia l’anticipata immissione nella funzioni degli Uditori Giudiziari con almeno sei mesi di tirocinio, sia un concorso per gli Avvocati con non più di trent´anni d´età, iscritti all´Albo da almeno due anni, alla stregua di analoghe similari esperienze maturate con successo in Francia, Inghilterra e Germania. Non fu trascurato, infine, di implementare di cento unità il ruolo dei Cancellieri, con la creazione di venti Ispettori di Cancelleria per la vigilanza sulla correttezza delle spese di giustizia, ritenendo ciò molto proficuo per l´erario (in questo, Dari evidenziava le migliori doti di accorto ed efficiente amministratore, qualità ben dimostrate negli anni in cui fu, per ben quattro volte, eccellente Sindaco di Ancona). Per lo studio e l´approfondimento delle varie problematiche, il Guardasigilli istituì Commissioni della Camera dei Deputati, del Senato del Regno e della Suprema Corte di Cassazione, tenendo ben conto del parere dell´Ordine Forense, al quale apparteneva. Il 3 luglio 1914, l´ambizioso progetto recante “Disposizioni riguardanti il personale della Magistratura e delle Cancellerie giudiziarie” diveniva Legge dello Stato. Per fare tutto questo, LUIGI DARI impiegò appena….. tre mesi! E ciò la dice lunga sulla serietà, la capacità, la concretezza e l´altissimo senso dello Stato delle classi politiche e di Governo di quell´epoca; virtù quanto, purtroppo, lontane……..sì, davvero, proprio tanto lontane! Il 5 novembre 1914, il Governo Salandra rassegnò le dimissioni. DARI, intuita la difficile contingenza esistente nei risvolti politici e parlamentari, ma anche per bilanciamento geografico dei candidati Ministri, al fine soprattutto di agevolare la composizione del nuovo Esecutivo, senza nulla pretendere per sé, inviava al Presidente Salandra una nobile lettera in cui esaltava la figura di Vittorio Emanuele Orlando, siciliano, che lo avrebbe sostituito alla guida del Dicastero della Giustizia. DARI, così, riprese subito la sua fervorosa attività parlamentare, segnalandosi per l´acume dei suoi interventi in Aula e l´assiduità nei lavori parlamentari. Si era nei preparativi della prima guerra mondiale e il sostegno del Legislatore fu costante nell´immane prova sia per il sostegno bellico sia nel campo della politica estera. Nel novembre 1917, Vittorio Emanuele Orlando (il futuro Presidente della Vittoria), chiamato a formare il nuovo Governo, offrì a DARI l´importantissimo Ministero dei Lavori Pubblici, in un periodo in cui il Governo doveva, in primis, affrontare le enormi problematiche della guerra, di carattere finanziario e sociale. DARI, come d´ abitudine, si dedicò con passione al suo lavoro, dando eccezionale impulso a tutti i settori di competenza, non trascurando, pur nelle difficoltà del grave momento, infrastrutture,bonifiche, strade e aiuto al mezzogiorno d´Italia. In particolare, il Ministro, con rara intelligenza e modernità di vedute, auspicava, a guerra finalmente terminata, di poter sviluppare in futuro il sistema legale delle concessioni a enti pubblici e a privati, favorendo un grande prestito nazionale, magari con l’istituzione di Istituto di Credito ad hoc, destinato ai lavori pubblici con l´intervento dello Stato, Banche private, Casse di Risparmio, non esclusi i grandi imprenditori. La sua vita politica e terrena era, però, purtroppo segnata da un triste destino.
Di lì a poco, il 18 gennaio del 1919, a seguito della prematura scomparsa dell´adorata moglie Rina (dalla quale non ebbe figli), si dimise da Ministro, molto provato nel fisico e nell´anima, tanto che dopo alcuni mesi decedette anch´Egli, per malattia progressiva e irreversibile, ad appena 65 anni, in casa di persone a lui care, in quel di Spello vicino a Perugia. Era il 15 aprile del 1919. Va detto, senza tema di smentita, che oggi c’è bisogno di politici della tempra e dell’onestà intellettuale di LUIGI DARI proprio per uscire dalle sacche del nulla, per cui è doveroso onorarli facendoli uscire dalle nebbie del tempo, di quel tempo che li vide protagonisti per cui tanto benemeritarono per alto intelletto e grandezza di opere perchè l’Italia divenisse una grande Nazione europea!