La mafia cinese crea allarme da non sottovalutare
Andrea Galli, sul “Corriere della Sera”, nei giorni scorsi, scriveva: “”Era una fuga coraggiosa…
L’altro ieri pomeriggio erano saltate dal primo piano di un palazzo. Nude, cappucci in testa strappati che penzolavano sul collo. Le corde e le catene che su caviglie e polsi si erano mangiate la pelle con i lividi diventati scure strisce continue simili a tatuaggi loro tre, di nazionalità cinese, impastate di muco, sangue e lacrime. Una s’è distrutta un calcagno e s’è accasciata; la seconda, pochi metri appena e la frattura del malleolo l’ha frenata; l’ultima invece, pur ricoperta di tagli, non aveva nulla di rotto e correva, correva. Fino a una farmacia. Al civico 111 di via Mac Mahon (a Milano). Il dottore ha chiamato la Polizia. E la Polizia indaga su questa storia di prigioniere (hanno 27, 32 e 36 anni) e di aguzzini, di sevizie e di barbarie, forse di prostitute vendute tra bande. La stessa via Mac Mahon è in un certo senso la logica prosecuzione della ben nota zona (milanese) di via Sarpi: è lungo questa arteria che vive, produce e a volte delinque la comunità cinese, ed è qui che insieme ai negozi low cost sorgono i laboratori clandestini e le tane…””. Subito, il ricordo è andato ad un analogo caso di rapimento, del dicembre 2007, brillantemente risolto dai Carabinieri di Treviso, comandati all’epoca dal Col. Nardone, con indagini difficili dirette dal ten. Col. Baldini, del Reparto Operativo, che liberarono una ragazzina cinese di 14 anni, rapita sei giorni prima a Vedelago, in provincia di Padova, mentre andava a scuola, trasferita, tenuta legata e imbavagliata in un appartamento di Milano, proprio nei pressi di via Mac Mahon. L’irruzione scattò all’alba; furono arrestati tre giovani cinesi, legati a organizzazioni criminali, che avevano chiesto alla famiglia un riscatto di 500 mila euro. A dare un impulso decisivo alle indagini fu il controllo, avvenuto qualche giorno prima a Vedelago, di un’auto con a bordo alcuni cinesi da parte dei Carabinieri del bravissimo e intelligente Luogotenente Donato Calasanzio, storico Comandante della locale Stazione, purtroppo recentemente deceduto, che consentì di scoprire che i tre passeggeri della macchina erano proprio i sequestratori della ragazzina. Altro caso interessante, sulle dinamiche della mafia cinese, verificatosi a Padova, nel 2009, è quello della “spedizione punitiva” organizzata dai “milanesi”, nei confronti della comunità cinese veneto-patavina. Da Milano, appunto, partirono i giustizieri del “Sol Levante”, armati di tutto punto per punire i “defezionisti” per uno “sgarro” su mancati pagamenti. L’irruzione avvenne durante una festa serale, alla presenza di molte decine di cinesi, quasi a voler dimostrare la superiorità “militare” dei milanesi. Numerosi furono i feriti da fendenti da pugnale, per fortuna senza alcun morto. Le indagini, svolte molto bene dal Reparto Operativo Provinciale della Citta’ del Santo, diretto dal Tenente Colonnello Rizzi e svolte dal Capitano Bonadonna, d’intesa con l’omologo Reparto Operativo di Milano, evidenziarono una realtà molto articolata e complessa. Dalle indagini si rilevò, tra l’altro, che esistevano “responsabili” regionali ai quali i capi-zona provinciali erano assoggettati; che le armi da fuoco, anche mitragliatori, venivano acquistate dalla criminalità albanese; si trattavano gli “allucinogeni” in quantitativi industriali; la prostituzione non era più fenomeno interno alla comunità cinese ma allargato al mercato italiano; numerose, tra l’altro, le uccisioni “punitive”. Se Via Sarpi, a Milano, è China town, la Toscana in Italia si conferma China district, vale a dire la Regione dove prospera e da dove si snoda la criminalità organizzata cinese. Non le triadi dei film di azione, ma le associazioni criminali cinesi in Italia sono ancora più pericolose perché replicano il modello arcaico di Cosa Nostra fondato su base plurifamiliare e sul concetto di appartenenza ad un gruppo che, oltre e indipendentemente dai legami di sangue, sviluppa l’idea della famiglia economica che ruota intorno ad interessi comuni – la gestione di un ristorante o di qualsiasi attività che crei profitti, leciti od illeciti- con conseguente comunione di interessi. Si tratta, concludendo, di realtà certamente allarmanti, quelle delle Mafie cinesi e straniere, da tempo esistenti sul nostro territorio nazionale, che dovrebbero imporre alla politica, da oltre vent’anni dimentica dei problemi della sicurezza dei cittadini, misure congrue e incisive oggi inesistenti. E dire, che in Italia siamo già gravati dalla presenza, in ben quattro Regioni meridionali, di potenti mafie stanziali ormai esondate anche al nord. A questo punto, la domanda: cosa succederà quando rotti gli accordi oggi esistenti le mafie nostrane, ovvero “endogene”, andranno a scontrarsi con quelle straniere, definite “esogene”? Provate a immaginare…Per intanto, la modesta e avida politica italiana pensa alle prossime elezioni politiche, fedele all’idea del “cambiare tutto per non cambiare niente!” E alla luce di tutto questo, le mafie proliferano e si espandono sulla pelle dei Cittadini onesti, ma ormai stanchi, tanto ma tanto stanchi….