Le reiterate inchieste sulla magistratura … che tanto impegnano la politica teatrale e, ovviamente, i media…

Roma, 15 giugno 2019 – Interessante l’articolo apparso sull’ultima importante rivista “INTERNAZIONALE “: ‘Le inchieste sulla Magistratura e la nascita della terza Repubblica‘ del giornalista Alessandro Calvi..
L’interessante articolo inizia con considerazioni di due personalità. .agli antipodi. .“”E dunque è così che finisce la seconda repubblica. Finisce in una battuta di Adriano Sofri: “Non esistono magistrati onesti. Esistono solo magistrati non ancora intercettati” (SIC! Nda), contrappasso di quell’altra che Piercamillo Davigo pronunciò in piena Mani pulite. Battuta (quest’ultima) che ha perfettamente rappresentato quell’epoca fino ad oggi. Non è la prima volta che una crisi attraversa la Magistratura… Non è la prima volta che una crisi si muta in questione giudiziaria. Ma questa volta è diverso. E la diversità risiede soprattutto nel contesto politico e istituzionale che oggi non appare più in grado di proteggere l’impalcatura dal terremoto che la sta scuotendo, visto che lo stato in quanto insieme di tre poteri – esecutivo, giudiziario e legislativo – è esso stesso oramai disarticolato, e da tempo. Quello che sta emergendo in queste settimane, insomma, sembra rappresentare la chiusura del cerchio aperto nel 1992 con le inchieste che spazzarono via quasi tutti i vecchi partiti e che travolsero il parlamento, unico potere che rappresenta direttamente i cittadini, d’improvviso relegato a soggetto residuale…Lo spazio lasciato vuoto venne occupato dagli altri due poteri. L’esecutivo assunse la funzione legislativa attraverso un ricorso sempre più massiccio ai decreti, per non dire dell’uso parossistico della questione di fiducia, che quasi esautorò del tutto il parlamento dal mettere mano alle materie più importanti. La storia dell’approvazione delle leggi finanziarie avrebbe molto da raccontare in questo senso. La magistratura, invece, cominciò a svolgere come mai prima di allora un ruolo da legislatore indiretto, per così dire, riempiendo sempre di più i vuoti di legislazione attraverso il suo potere di interpretazione. …Fatto sta che la seconda Repubblica ha vissuto uno scontro inevitabile e continuo tra questi due poteri, mentre il parlamento scomparve dalla scena. Ora la risacca dell’onda di quegli anni si sta portando via il resto. Da un lato, ci sono segnali evidenti dell’indebolimento anche del ruolo dell’esecutivo. Il consiglio dei ministri da tempo quasi non si riunisce, e se lo fa rinvia le decisioni. In pratica non esiste, soppiantato da alcune leadership carismatiche. Dall’altro, le inchieste di queste settimane stanno facendo emergere un aspetto inquietante dell’attuale natura del potere giudiziario, anch’esso strumento di gestione e governo di interessi partigiani, come fu il sistema dei partiti negli anni del declino…Oggi, con i tre poteri dello stato in crisi, esautorati di ogni funzione politica e perfino istituzionale, e soppiantati da una gestione sempre più personalistica, non è ben chiaro su quale impalcatura potrà poggiare la democrazia parlamentare. L’unica certezza è che la terza repubblica è ancora solo un deserto inquietante, popolato da leader carismatici..””
All’inizio dell’ articolo si è fatto riferimento ad un parere di Adriano Sofri… Chi è costui per essere citato in un articolo autorevole..? A conclusione di un lungo iter processuale, Adriano Sofri, che era stato condannato a 22 anni per l’uccisione del Commissario di Polizia Luigi Calabresi, è libero, avendo scontato la sua pena. Chi erano quei signori che lo difesero a spada tratta, tutti ben acculturati nelle farneticazioni deliranti dell’ultracomunismo più becero e violento? Erano i famosi “Catilinari” della cultura”, mutuando il termine dalle Catilinarie, cioè i quattro discorsi tenuti da Cicerone contro Catilina tra il novembre e il dicembre del 63 a.C., in seguito alla scoperta e alla repressione della congiura che voleva minare gli ordinamenti repubblicani, che faceva capo appunto a Catilina. “ “Quoque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”(cioè: sino a quando abuserai della pazienza nostra?), tuonò Cicerone, aggiungendo la celebre esclamazione: “O tempora! O mores!”, (vale a dire: quali tempi, quali costumi!), convincendo il Senato a condannare a morte Catilina.
Ma, in quei tragici ma recenti anni ’70, così lontani, eppure tanto vicini a noi nel tempo e nella memoria, non ci fu un autorevole Uomo di Stato che abbia potentemente urlato contro questi Cattivi Maestri, chiamando a raccolta le coscienze migliori per contrastare la guerra civile che si andava delineando… Con azione di supplenza, ci fu solo la Magistratura, unitamente alle sempre benemerite Forze dell’ Ordine, unico presidio di Legalità democratica, a contenere senza sostegno morale e materiale l’ urto nelle piazze di “canee” scatenate e folli, spesso armate di congegni micidiali.

Fatta questa forse troppo lunga precisazione sul ruolo del personaggio citato in premessa nell’articolo recensito, corre l’obbligo come mio costume di andare a ritroso nel tempo per ricordare la storia d’Italia dimenticata, ovviamente riferita a vecchie riforme giudiziarie…per capire le discrasie dell’oggi.. ragionare.. anche rimpiangere.. l’Italia di un tempo lontano.. Bene, quindi, ricordare anche i personaggi cosiddetti “minori”, indubbiamente ormai dimenticati per il gran tempo trascorso dagli eventi che li videro protagonisti; personaggi che tanto benemeritarono per alto intelletto e grandezza di opere per far sì che l´Italia divenisse una grande Nazione europea.
Desidero, in questa sede, tracciare una breve sintesi della figura dell´ On. Luigi Dari, illustre marchigiano della Provincia di Ascoli Piceno.
L´attività politica di Luigi Dari, grande Avvocato e fine giurista, di orientamento liberal-monarchico, iniziata come Sindaco di Ancona, assunse valenza nazionale dal 1891, anno della sua prima elezione in Parlamento, al 1919, anno della Sua prematura morte. Si era in piena età giolittiana, che operò attivamente per ridurre le vistose diseguaglianze economiche e sociali di un´Italia da pochi decenni unificata. Con Giolitti, Dari fu Sottosegretario di Stato al Ministero dei Lavori Pubblici.
Il 2 aprile 1914, Antonio Salandra presentò il suo nuovo Governo, chiamando Dari alla responsabilità di Ministro della Giustizia e dei Culti, a riconoscimento delle sue apprezzate qualità politiche e di giurista. Nelle funzioni di Guardasigilli, Dari presentò subito alla Camera una complessa riforma del processo civile, reintroducendo la collegialità dei Tribunali nelle cause di prima istanza, con l’abolizione del Giudice Unico introdotta con Legge del 1912 che aveva evidenziato vistose criticità.
Dari, nella circostanza, non sottovalutò che il dispositivo del sistema collegiale era reso difficoltoso dalla carenza di Magistrati, che aveva già portato a ridurre la composizione delle Sezioni delle Corti  d´ Appello, in materia civile, da cinque a tre Giudici. Di qui, la necessità di aumentare il numero complessivo dei Magistrati d´Appello di cinquanta unità e di quelli di Tribunale di ben duecento. Venivano, inoltre, immessi nelle mansioni giurisdizionali ulteriori quarantanove Giudici per le importantissime funzioni di Pretore  (figura fondamentale dell´ordinamento giudiziario, abolito dal nuovo Codice di Procedura Penale del 1989). Non mancò, ancora, il provvido Ministro, di accordare ai Magistrati adeguati compensi economici e vantaggi di carriera, grazie ai nuovi inserimenti in ruolo. Attesa l´urgenza di nuovi Magistrati, per evitare le lungaggini dei concorsi tradizionali, all´epoca particolarmente complessi, il Ministro autorizzò, in via eccezionale, sia l’anticipata immissione nella funzioni degli Uditori Giudiziari con almeno sei mesi di tirocinio, sia un concorso per gli Avvocati con non più di trent´anni d´età, iscritti all´albo da almeno due anni, alla stregua di analoghe similari esperienze maturate con successo in Francia, Inghilterra e Germania. Non fu trascurato, infine, di implementare di cento unità il ruolo dei Cancellieri, con la creazione di venti Ispettori di Cancelleria per la vigilanza sulla correttezza delle spese di giustizia, ritenendo ciò molto proficuo per l´erario (in questo, Dari evidenziava le migliori doti di accorto ed efficiente amministratore, qualità ben dimostrate negli anni in cui fu, per ben quattro volte, eccellente Sindaco di Ancona).
Per lo studio e l´approfondimento delle varie problematiche, il Guardasigilli istituì Commissioni della Camera dei Deputati, del Senato del Regno e della Suprema Corte di Cassazione, tenendo ben conto del parere dell´Ordine forense, al quale apparteneva. Il 3 luglio 1914, l´ambizioso progetto recante “Disposizioni riguardanti il personale della Magistratura e delle Cancellerie giudiziarie” diveniva Legge dello Stato. Per fare tutto questo, Luigi Dari impiegò appena… tre mesi!
E ciò la dice lunga sulla serietà, la capacità, la concretezza e l´altissimo senso dello Stato delle classi politiche e di governo di quell´epoca; virtù quanto, purtroppo, lontane… sì, davvero, proprio tanto lontane….!
Il 5 novembre 1914, il Governo Salandra rassegnò le dimissioni. Dari, intuita la difficile contingenza esistente nei risvolti politici e parlamentari, ma anche per bilanciamento geografico dei candidati Ministri, al fine soprattutto di agevolare la composizione del nuovo esecutivo, senza nulla pretendere per sé, inviava al Presidente Salandra una nobile lettera in cui esaltava la figura di Vittorio Emanuele Orlando, siciliano, che lo avrebbe sostituito alla guida del Dicastero della Giustizia.
Dari, così, riprese subito la sua fervorosa attività parlamentare, segnalandosi per l´acume dei suoi interventi in Aula e l´assiduità nei lavori parlamentari. Si era nei preparativi della prima guerra mondiale e il sostegno del Legislatore fu costante nell´immane prova sia per il sostegno bellico sia nel campo della politica estera.
Nel novembre 1917, Vittorio Emanuele Orlando (il futuro Presidente della Vittoria), chiamato a formare il nuovo Governo, offrì a Dari l´importantissimo Ministero dei Lavori Pubblici, in un periodo in cui il Governo doveva, in primis, affrontare le enormi problematiche della guerra, di carattere finanziario e sociale. Dari, come d´abitudine, si dedicò con passione al suo lavoro, dando eccezionale impulso a tutti i settori di competenza, non trascurando, pur nelle difficoltà del grave momento, infrastrutture, bonifiche, strade e aiuto al mezzogiorno d´Italia.
In particolare, il Ministro, con rara intelligenza e modernità di vedute, auspicava, a guerra finalmente terminata, di poter sviluppare in futuro il sistema legale delle concessioni a enti pubblici e a privati, favorendo un grande prestito nazionale, magari con l’istituzione di Istituto di Credito ad hoc, destinato ai lavori pubblici con l´intervento dello Stato, Banche private, Casse di Risparmio, non esclusi i grandi imprenditori.
La sua vita politica e terrena era, però, purtroppo segnata da un triste destino.
Di lì a poco, il 18 gennaio del 1919, a seguito della prematura scomparsa dell´adorata moglie Rina (zia della mia cara Suocera, nativa di Spello, dove il Padre, eroico aviatore della prima Guerra mondiale era Podestà) dalla quale non ebbe figli, si dimise da Ministro, molto provato nel fisico e nell´anima, tanto che dopo alcuni mesi decedette anch´egli, per malattia progressiva e irreversibile, ad appena 65 anni, in casa di persone a lui care nella citata Spello, vicino a Perugia. Era il 15 aprile del 1919.
Concludo, reiterando: O TEMPORA O MORES!!

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