La notizia appare su “Il Giornale” di ieri. Adesso i discorsi sono due; una cosa è il concetto dei contributi ai fini pensionistici, un’altra è l’incremento dell’occupazione che dipende dalla creazione del lavoro.
Ai fini pensionistici possiamo anche accettarlo perché significa che se un disoccupato si procaccia un lavoro anche per un tempo limitato, perché il Paese non offre di più, (in Italia lavori “a tempo” ce ne sono quanti ne vogliamo, basta cercarli), quando, trovata un’occupazione stabile e definitiva, andrà in pensione, potrà usufruire anche di quei pochi contributi versatigli in quel periodo infelice che non hanno alcuna differenza da quelli regolamentari.
Questo concetto non deve essere, però, confuso con quello dell’incremento dell’occupazione.
Renzi, nell’ultima puntata di “Virus”, ha fatto le “spalle forti” al “fuoco di fila” di Nicola Porro, per sostenere la validità del “job act”, “sparando” la notizia della creazione di 455.000 nuovi posti di lavoro.
Era un dramma, per le persone normali, non per gli aderenti al PD, ovviamente, riuscire a capacitarsi di come, mentre gli esercizi e le imprese chiudevano, l’occupazione aumentava. Immediatamente il PdC ha preso l’aspetto di Fini quando, molti anni or sono, per “fare le spalle forti” con Berlusconi, organizzò una manifestazione di piazza e “sparò” la partecipazione di 1.000.000 di persone, quando gli iscritti al suo partito non arrivavano nemmeno a 500.000.
Ma ecco “svelato l’arcano” da una parte, e il trucco dell’ultimo gioco di prestigio, dall’altra. Tutti i giochi di prestigio hanno un trucco che ti fa vedere “i pezzi di carta che camminano da soli”, “il seme che si trasforma sulle carte da gioco”, “le carte da gioco che improvvisamente diventano colombe”…tutti…basta scoprirlo per rendersi conto che la magia affascina ma …non esiste.
In questa situazione, come fu per la preferenza del nostro PIL allo 0,8% (che poi era allo 0,1%) a quello della Germania del 20%, che ci fece capire che il PdC non aveva un chiaro concetto della matematica, dobbiamo ritenere che le sue lacune nella matematica e nell’economia, non siano state ancora colmate.
Provvidenzialmente, nel suo programma di governo, mise le riforme economiche, non tanto più importanti, quanto indispensabili, all’ultimo posto ben sapendo che mai avrebbe messo loro mano.
Oggi siamo ancora più convinti che quelle, come hanno fatto tutti i governi che si sono succeduti fino ad oggi, saranno rimandate al prossimo perché, indipendentemente dalle strategie di opportunità politiche, lui non se ne sente le capacità.