Politica
La moglie del prete
Roma, 12 marzo 2018 – “Il Quirinale…non ha fretta…” Il titolo appare nella edizione di oggi, 12 marzo de “Il Giornale”.
Ancora una volta una sceneggiatura sembra profetica o è la realtà che attinge ispirazione da un celebre film.
“La moglie del prete”, di Dino Risi, espone con sapiente incisività le problematiche del celibato ecclesiastico con un grande Mastroianni che interpreta magistralmente il travaglio che attraversa un prete al quale è interdetto l’amore. Don Mario, prete della bassa padana, è combattuto tra i suoi voti e l’amore per Valeria. Che cosa fare? Il travaglio è tanto ma l’amore è più forte. C’è una sola soluzione, chiedere la “Dispensa dai voti”.
Fedele alle “ubbidienze” che è tenuto ad osservare, procede per via gerarchica, mentre Valeria, ex cantante senza successo, poco incline ai sistemi diplomatici, cerca di percorrere le scorciatoie, le vie spicciole e le vie della praticità.
I risultati sono diversi; don Mario si scontra contro il “muro di gomma” dell’istituzione ecclesiastica e Valeria solleva polveroni e fa scoppiare scandali e bombe.
Non è approvata da don Mario ma questi riceve la convocazione al Vaticano. Le difficoltà che costituiscono un ostacolo alla sua richiesta ci sono e vengono usate tutte. La crisi delle vocazioni, il nuovo catechismo olandese e cose varie, impediscono una risposta immediata alla sua richiesta ma il conferimento della dispensa è “sicuro”. Unica condizione, gli viene chiesto di avere pazienza e nel frattempo viene nominato “Monsignore”.
Certo dell’imminenza di questa dispensa, don Mario chiama Valeria a Roma, e questa, sicura di trovare il promesso sposo alle soglie del matrimonio, trova una realtà totalmente diversa, il promesso sposo alle soglie della carriera.
“A quando la dispensa?”, “…presto!…presto!…”, garantisce, entusiasta, lui, e riferisce le parole testuali dell’ “alto loco” che gliele ha dette; “…presto!…presto!…e non precipiti gli eventi perché…la chiesa non ha fretta!” e la frase si trasforma subito in una “frase sonnifero” per una richiesta che non sarà mai evasa.
Il districamento della situazione politica, dopo il risultato elettorale, si è subito impantanato. Due sono i vincitori, un partito e una coalizione, e uno è il perdente, e questo è un partito che non digerisce le sconfitte.
Al “centro campo”, oggi, un presidente di scuola democristiana che non è incline a indulgenze a destra e che, man mano, che la situazione va avanti, si dichiara sempre di più per un “fate quel che vi dico e non pensate a quel che faccio”. Nessuno ha la maggioranza perché il popolo si sparpaglia di qua e di la per emozione.
Sorgono tre posizioni: un PD che si dichiara disponibile “solo all’opposizione” e il suo presidente calca ancora di più la mano con “una collaborazione con il M5S sarebbe la fine del PD”, senza considerare che questo è già finito e questa è una ammissione esplicita che a loro dell’Italia non gliene frega niente ma interessa solo il partito quale “ponte” per il Parlamento; un M5S che continua con quello che sta diventando un “mantra”, “dialogo con tutti”. Si; “dialogo con tutti”, ma per fare cosa?…non è che si possono risolvere i problemi del paese spettegolando sugli amori di Sofia Loren come si fa all’osteria, o in una “seduta” salottiera al circolo della canasta!…e che tenta di raggranellare qualche voto, per rincorrere la maggioranza, nell’estrema sinistra, dove “Liberi e Uguali”, nato oggi, è prossimo a scomparire; ultimo un Salvini che chiude al M5S con un gestuale “NO” sottolineato tre volte e dichiara di accettare la collaborazione sui punti del programma della coalizione di tutte quelle forze che li condividano.
Si scontrano “forze uguali e contrarie”. Nessuno vuole rinunciare alla propria identità ma la governabilità, in queste condizioni, non è possibile e vuole che si ricorra di nuovo alle urne per avere una maggioranza ma questo vogliono evitarlo tutti perché tutti sanno che con una nuova consultazione tante poltrone “conquistate” finirebbero di esserlo e cadrebbero tante teste anche le più impensabili adesso.
Inoltre, l’intransigenza di tutti fa intuire che nessuno vuole governare perché, in sostanza, la situazione in questo modo, come sempre è stato con il sistema proporzionale… fa comodo a tutti, tranne che al popolo e che, per questo, ancora, nessuno vuole che si torni alle urne.
Che fare? La “palla” all’”arbitro”, il “Vaticano”, anzi….al Presidente della Repubblica che, con l’approvazione del DEF in corso “ha un asso nella manica” per prendere tempo e … da bravo ex democristiano, lo fa perché, come disse il Vaticano a don Mario, “…la chiesa non ha fretta…”, e capì che con una promozione a Monsignore e l’immissione in una carriera, nel “sottobosco” sarebbero maturate tante situazioni … per cui, anche ”il Quirinale…non ha fretta…”