Una brutta pagina della nostra storia politica
Roma, 14 giugno – Il nostro Paese, nonostante i disastri di natura economica, politica ed istituzionale, rimane ancora tra le prime 7 potenze mondiali.
È universalmente riconosciuto come la culla della civiltà del diritto, nonché il legittimo depositario dell’immenso patrimonio artistico e culturale dell’intero pianeta.
Ebbene, ogni santo giorno, tutte le prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali, aprono sempre con le notizie sulla mafia di “Roma-Capitale” e sui dissensi che travagliano il PD e l’intera compagine governativa, ma così facendo viene irrimediabilmente deturpata l’immagine dell’Italia non solo in Europa, ma anche nel mondo.
Non conosco nei dettagli il grado di attendibilità delle pesanti accuse mosse dai principali imputati della cupola capitolina, ma se avessero qualche fondamento, non solo crollerebbe la giunta Marino, ma metterebbero in discussione anche la stabilità del governo.
E’ chiaro che questa degenerazione civica in larga parte l’abbiamo ereditata dalla precedente generazione, ma occorre anche riconoscere che abbiamo fatto poco o nulla per migliorarla.
Per onestà intellettuale bisogna, quindi, ammettere che lasciamo ai posteri molto meno di quanto ci è stato tramandato, fatta eccezione per le scoperte scientifiche e tecnologiche che stanno sotto gli occhi di tutti.
Per quanto concerne i dissensi e le lotte all’interno del PD, attuale azionista di maggioranza nella coalizione governativa, vanno sottolineati i pericoli che sta correndo l’esecutivo sebbene Renzi continua ad ostentare una certa sicurezza di portare in porto l’attuale legislatura.
Ma è mai possibile che un manipolo di mediocri mestieranti della politica, i cui nomi sono pressoché sconosciuti, animati solo da rancori e ripicche personali finalizzate a conquistare fette di potere, possano impedire l’approvazione di importanti riforme e provvedimenti utili e necessari per fronteggiare minacce alla nostra convivenza civile ?
Scimmiottando il grande Pirandello si deve malinconicamente ammettere che “Così è, se vi pare”.
Mi chiedo a questo punto con quanta credibilità ed autorevolezza ci ostiniamo a chiedere all’Europa una nuova politica per risolvere quegli stessi problemi sui quali non riusciamo a trovare un’intesa nemmeno in casa nostra.