Adesso anche le pensioni “flessibili”
Roma, 22 aprile – In fatto di definizioni che sono state date alle pensione, l’ultima è la più bizzarra; pensione “flessibile”.
Che vorrà significare mai? Sulla discussione ormai decennale del pensionamento anticipato, per liberare posti di lavoro per i giovani e per mandare in pensione il lavoratore ancora vivo, si è fatta un’ipotesi degna della mente più schizofrenica anche se, in fatto di trasformismo, a Fregoli, gli farebbe un baffo.
Al lavoratore che chiede di “andare a campare” finalmente, dopo i guai combinati dalla Fornero, che lo voleva alla catena di montaggio anche da dentro la bara, lo stato non gli riconosce l’intero assegno ma una parte di esso calcolato con il meccanismo più assurdo, “togli due euro da la e mettine uno di qua”.
Essa non verrebbe erogata dall’Inps, perché il lavoratore, a tutti gli effetti, non è ancora in pensione perchè sarebbe collocato solo in una specie di “parcheggio”, ma “prestata” dalle banche. Queste, non avendo il deposito dei contributi del lavoratore, verrebbero garantite dal suo Tfr che diventerebbe proprietà del lavoratore solo quando questi, alle leggi vigenti, entrerebbe effettivamente in pensione.
Per dare una parvenza di umanità, ormai inesistente, il governo fa presente che il Tfr gode della natura di ereditarietà quindi, “in qualsiasi” circostanza (leggasi morte), non andrebbe perduto dai familiari del lavoratore. Bella soddisfazione!, associata a Bella presa per i fondelli!
Prima riflessione: lucciole al posto di lanterne. Il lavoratore, consumato dal lavoro, crede di andare in pensione e invece non ci va perché fa a farsi “riempire la gavetta al posto di ristoro anzi, di assistenza”.
Seconda riflessione: bella presa per i fondelli doppia o tripla. Dopo detto trattamento umano, la banca “presta” la “quota parte” del trattamento economico al pensionato ma mette in commercio il suo TFR che dovrà rendere un numero x di anni dopo.
A parte il fatto che il “pensionato”, tra virgolette, non potrà usufruire subito del trattamento economico che gli spetta, gli verranno riconosciuti, all’entrata in pensione, gli interessi maturati dal suo TFR?, e, poi, mettendo in commercio tale TFR, la banca prenderà il parziale assegno da erogare al futuro pensionato dagli interessi del TFR per cui, a tutti gli effetti, non “presterà” proprio niente. Tutto, quindi, girerebbe attorno a questo TFR che funzionerebbe come garanzia per “creare” un prestito che non esiste.
Tutto questo arzigogolo di meccanismi cervellotici per non fare la famigerata “Riforma del fisco” che risolverebbe il problema e, in sostanza (e forse è il vero obiettivo) per far guadagnare le banche anche sulle spalle dei pensionati.