Il 12 febbraio scorso la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la Legge Fini-Giovanardi del 2006, probabilmente (attendiamo comunque di leggere le motivazioni) perchè improvvidamente equiparava le droghe leggere, come la cannabis e l’hashish, a quelle pesanti, come eroina e cocaina. Uno spacciatore di hashish, infatti, con la legge precedente, la cosiddetta Iervolino-Vassalli, rischiava il carcere tra due e sei anni, mentre con la Fini-Giovanardi, la Legge cassata, la reclusione era aumentata da sei a vent’anni.
Ora, per informazione, ripercorriamo brevemente l’iter storico della legislazione antidroga partendo da quella del lontano 1923 che puniva la vendita, la somministrazione e la detenzione e, con una multa, la partecipazione “a convegni in fumerie”(era l’epoca dell’oppio e delle bevute di assenzio).
Successivamente, la Legge del 1934 introdusse il ricovero coatto dei tossicomani in “case di salute”(leggi manicomi). Novità rilevanti furono invece apportate dalla Legge n.1041 del 1954, che i vecchi operatori di Polizia giudiziaria ricordano, che non prevedeva, aggiungo pericolosamente, alcuna distinzione tra commercio e uso personale. Quindi, spacciatore e consumatore (anche con un grammo di cannabis), erano arrestati e condannati indistintamente.
La svolta decisiva, con una legge di grande civiltà giuridica, si ebbe invece nel 1975 che, pur vietando la detenzione, prevedeva la non punibilità per l’uso personale di una “modica quantità”, introducendo quindi una più che intelligente distinzione tra spacciatore e consumatore, secondo il principio che la trattazione del tossicodipendente era di competenza sociale e medica mentre quella dello spacciatore della Polizia Giudiziaria. Proprio in virtù di ciò, furono adottate misure di prevenzione per chi volontariamente si sottoponeva alla riabilitazione presso presidi medici e sociali, mentre permaneva il ricovero coatto da parte dell’Autorità Giudiziaria per motivi di necessità e urgenza. Come alcuni ricorderanno, lo Stato, che avrebbe dovuto presiedere al recupero e all’assistenza, delegò con forti contributi tale aspetto a privati, a volte improvvisati, che gestirono il fenomeno con prospettive di grandi guadagni.
Comunque, la diffusione del fenomeno e l’allarme mediatico portò a criteri maggiormente repressivi, per cui si arrivò al “Testo Unico” del 1990, che introducendo il principio dell’illegalità della detenzione, anche per uso personale, prevedeva sia l’attivazione di un procedimento amministrativo del Prefetto sia anche l’istituzione dei servizi pubblici (Ser.T) con compiti di prevenzione, cura e riabilitazione, sia infine l’abolizione del ricovero coatto disposto dall’Autorità Giudiziaria.
Il referendum del 1993 modificò in parte questa norma, eliminando la dose media giornaliera ed abolendo la competenza dell’Autorità Giudiziaria nei casi di recidiva nella detenzione per uso personale, che permaneva di pertinenza prefettizia.
Quindi, abbiamo assistito ad un’altalena di Leggi che mai hanno affrontato, “more italico”, la complessa, delicata materia in modo organico, compiuto e definitivo; materia che, certamente, non troverà soluzione nella pericolosa legalizzazione di droghe leggere da taluni ben noti ambiti politici auspicata. Certo, il problema è tutto politico; di quella politica oggi così parolaia e capziosa che fa poco e quel poco male. Quella politica che dovrebbe per carità di Patria evitare decreti come il recente “svuota carceri” che riduce della metà la durata delle pene e che consentirà l’uscita da galera di migliaia di delinquenti, spacciatori e mafiosi per cui, presto, il cittadino italiano, già gravato dai problemi di esistenza per la crisi e già assediato da una criminalità in particolar modo straniera violenta e tracotante, sarà alle prese con ulteriori reati anche gravi quali omicidi, rapine in casa ed estorsioni, ma soprattutto con l’ aumento di furti.
Tutto ciò si sarebbe potuto evitare se per tempo, proprio per decongestionare le carceri ed evitare le sanzioni dell’Europa, fossero stati ampliati gli ambiti di detenzione esistenti e riattivate strutture ancora valide e utilizzabili, come anche assunto personale di Polizia Penitenziaria, oggi sotto organico, ma soprattutto accelerando i processi.
Infine, tornando al problema droga, la politica, oltre a varare una nuova, organica e moderna Legge che sostituisca quella dichiarata incostituzionale, si impegni finalmente a rafforzare sia il quadro normativo antimafia sia l’erogazione di risorse alle Forze dell’Ordine per fronteggiare le grandi organizzazioni criminali sempre più agguerrite, come dimostrato dalla recente operazione “New Bridge”, che ha sgominato un cartello per il traffico di droga tra la ‘Ndrangheta calabrese e famiglie di Cosa Nostra americane con spedizioni di cocaina nell’ordine di 500 chili per volta.
E nulla, poi, aggiungiamo, perché l’argomento già recentemente trattato su questa testata, con l’articolo “Niente regali alle mafie i beni confiscati subito disponibili per fronteggiare la crisi” del 6 febbraio scorso, al gran tema dei beni mafiosi confiscati per un valore di 33 miliardi di euro ma bloccati da normative “giurassiche” e inutili! (http://www.attualita.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=2315:niente-regali-alle-mafie-i-beni-confiscati-subito-disponibili-per-fronteggiare-la-crisi&Itemid=76)
A Sparta, il legislatore Licurgo dell’ottavo secolo a.C.(nella foto), sosteneva che chi proponeva una legge doveva farlo con la corda al collo, per dar modo al cittadino di impiccarlo subito se la legge era sbagliata….
Sorridiamo al pensiero di quel che succederebbe in Italia…!
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