Roma, 14 novembre – La notizia, non confermata ma nemmeno smentita, secondo la quale “Re Giorgio” lascerà il Quirinale subito dopo le prossime festività natalizie, ha spiazzato un po’ tutti, sia tra le fila della maggioranza che in quelle dell’opposizione.
A me stupisce lo stupore di coloro i quali manifestano sorpresa e sconcerto, perché l’Inquilino del Colle l’aveva più volte detto e ripetuto, che non avrebbe portato a termine il suo secondo mandato, subordinando la sua permanenza al Quirinale sia al proprio stato generale di salute che all’approvazione di alcune importanti riforme costituzionali inserite nel programma di governo.
Per cercare di interpretare e capire la decisione del Presidente, occorre avventurarsi in una serena e disincantata valutazione dell’attività fin qui svolta dal governo Renzi.
A questo proposito credo sia doveroso prenderne atto che non è stato fatto molto rispetto alle conclamate promesse servite, in tutte le salse, dall’attuale premier.
È altrettanto doveroso, però, riconoscere che le tante questioni importanti, lasciate a marcire per molti decenni, potessero essere risolte in pochi mesi con una fantomatica bacchetta magica.
Stando così le cose, è assai difficile capire perché agli Italiani è stato detto che importanti conquiste ed innovazioni epocali sarebbero state realizzate subito, quando semplicemente il buon senso avrebbe portato ad escluderne tempi molto brevi.
Tuttavia una domanda sorge spontanea: si è trattato di una errata e superficiale valutazione per quanto riguarda modi e tempi, oppure si è voluto allestire una ignobile manovra per ampliare il consenso personale e del partito ?
L’opinione ricorrente ed assai diffusa tra la gente comune, è la convinzione che il governo abbia messo “molta carne al fuoco” ed ora si rischia un devastante “flop”.
Napolitano è un politico “di razza” (buona o cattiva, ciascuno è libero di pensarla come meglio crede), e come tale, sente già che questa legislatura non arriverà alla sua scadenza naturale.
Ne consegue che dovranno essere sciolte le Camere, come previsto dalla Costituzione, ma lui non se la sente di ricominciare con le rituali (e stucchevoli) consultazioni, le nomine dei Ministri e tanti altri adempimenti di prammatica.
Taluni osservatori, per calcolo od ingenuità, sostengono che con l’ultimo incontro a Palazzo Chigi tra Renzi e Berlusconi, la riforma della legge elettorale sia ormai cosa fatta.
Ebbene, costoro omettono di interloquire sui due punti fondamentali: “premio di maggioranza” e “soglia di sbarramento” per il momento accantonati per l’abissale distanza esistente fra le parti.
Infatti, se le cose si mettessero in un certo modo anziché in un altro, il pericolo maggiore lo correrebbe il NCD di Alfano che potrebbe anche scomparire come partito, mentre oggi è parte integrante e determinante della maggioranza di governo.