Chi non ricorda, ad esempio, Alberto Sordi nel famoso film “Un americano a Roma” o il maestro Carosone nel celeberrimo brano “Tu vo fa l’Americano” ?.
In questi ultimi anni abbiamo cercato di imitarli anche in politica, ricorrendo alle “primarie” che sono, e restano, la forma più avanzata di democrazia partecipata, ma con esiti disastrosi.
Purtroppo da noi manca la norma legislativa e la responsabilità civica e morale dei protagonisti che si sono succeduti nel tempo.
D’altra parte cosa potevamo aspettarci se i nostri governanti in 70 anni non abbiano trovato il tempo di approvare l’articolo 49 della costituzione che stabilisce la legittimità dei partiti e, quindi, delle primarie.
Quanto è accaduto, e sta accadendo, nel PD getta un’ombra sinistra sui mestieranti della politica, ormai screditati e contestati dai loro stessi potenziali elettori.
A Napoli, come a Roma, regna il caos, tanto che il candidato scelto, per concorrere alla carica di Sindaco della città partenopea, è stato accusato, da un altro esponente del suo stesso partito, di mercimonio e di aver mobilitato le “truppe camellate”, per “un pugno di voti” in più.
Il centro-destra non è stato da meno e, nella Capitale, nonostante un vergognoso bailamme di promesse e ritrattazioni, non è stato veramente trovato un candidato comune e condiviso.
Ma la vera “bomba atomica” è esplosa all’interno del Partito del Presidente del Consiglio, con la discesa in campo e minaccia di scissione, dei big rottamati, D’Alema e Bersani, già autorevoli esponenti del vecchio PCI.
Renzi finora non ha faticato molto per addomesticare gli oppositori interni, perché erano (e sono), delle semplici comparse facilmente gestibili e controllabili.
Adesso, però, è necessario ricorrere a strategie diverse e più conciliabili data la caratura e la ferma determinazione dei “rottamati”.