Se si deve definire meglio o peggio di quello adottato dai suoi predecessori, lo stabiliranno gli storici e non certo gli attuali opinionisti ineluttabilmente schierati o dall’una o dall’altra parte.
Ciò premesso, entra a gamba tesa l’eterna teoria del bicchiere “mezzo pieno o mezzo vuoto” che da sempre divide l’intero mondo mediatico e gran parte dell’opinione pubblica.
Non conoscendo nei dettagli tutte le riforme annunciate, né, tanto meno, le necessarie coperture finanziarie, è molto difficile per chiunque entrare nel merito delle relative problematiche, per cui bisogna prenderne in considerazione le enunciazioni di principio divulgate ed l’interpretazione dei protagonisti senza, però, perdere mai di vista i reali e concreti cambiamenti avvenuti nel Paese.
È fuori dubbio che la carne messa al fuoco da Renzi è stata troppa, sia in chiave quantitativa e qualitativa, che in termini di realizzazioni temporali, perché è notoria, anche ai più sprovveduti, la sconcertante lentezza della nostra farraginosa burocrazia, oltre alla reazione inviperita delle “caste” non appena si minacciano i loro privilegi.
Ma l’aspetto più emblematico e paradossale è la condivisione (a parole), delle riforme in questione, perché tutti riconoscono la necessità di abolire il bicameralismo perfetto, la soppressione delle province, il taglio alla spesa corrente, il varo di una nuova legge elettorale e tutto il resto ormai noto a tutti.
Ciò nonostante ci troviamo ancora al cospetto di progetti incompiuti, altri appena abbozzati ed altri ancora rinviati, il che influisce negativamente sulla credibilità di chi li ha proposti e sostenuti.
Tra i successi più significativi realizzati dal governo Renzi va sottolineata la riforma del lavoro, “Jobs Act” e soprattutto quella della giustizia che nessuno, prima di lui, era mai riuscito a porla nemmeno in discussione.
Non credo proprio sia stato un attentato all’indipendenza della magistratura, ma c’è comunque da aspettarsi una certa reazione da parte della categoria.
Per quanto riguarda l’Europa, Renzi ha certamente conquistato più credito di chi lo ha preceduto e non soltanto per le sue capacità oratorie ed espressive che in Italia lo hanno reso molto popolare.
Non sono un giudice né un docente per elargire giudizi e promozioni, ma se qualcuno mi chiedesse un parere sull’attività del governo in questo primo anno di vita, lo definirei sostanzialmente positivo e promettente.
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