Rosy Bindi scalpita
Roma, 29 novembre – Spaziando sulle vertiginose acrobazie dei componenti della minoranza interna del PD, viene spontaneo domandarsi: siamo alla vigilia di una nuova clamorosa scissione o si sta cercando semplicemente di screditare Renzi ed il programma del suo governo?
Verosimilmente credo nessuno sia in grado di rispondere subito ed, in entrambi le ipotesi, si aggraverebbero lo sdegno e la ripulsa della stragrande maggioranza degli elettori ampiamente dimostrati con i catastrofici risultati fatti registrare, solo alcuni giorni fa, nelle elezioni in due regioni assai dissimili tra loro, Calabria ed Emilia-Romagna.
Infatti, che la gente fosse già indignata, sfiduciata e stanca di andare a votare, lo sapevano un po’ tutti, ma nessuno immaginava e riusciva a quantificare l’enorme valanga di astensionisti, sicuramente mai registrata in oltre 40 anni di vita democratica della nostra storia repubblicana.
Nonostante tutto il PD ha mantenuto la presidenza dell’Emilia-Romagna e conquistata quella della Calabria, strappandola al centro-destra.
La sorpresa maggiore si è avuta nella roccaforte della sinistra per antonomasia, dove si è recato alle urne soltanto il 37 % degli aventi diritto al voto.
E pensare che nell’immediato dopoguerra, quando il vecchio PCI era guidato da Togliatti, la percentuale degli elettori superava il 96 % nell’intera regione Emiliano-Romagnola.
In Calabria è accaduto un po’ di tutto e di più, con un manipolo di voltagabbana riuscito ad inserirsi nel nuovo Consiglio regionale.
Sia ben chiaro che non si intende delegittimare nessuno, anche perché, ad esempio, il Presidente degli Stati Uniti d’America viene eletto con la stessa percentuale di votanti, eppure governa la maggiore potenza del mondo.
Ebbene, l’affermazione del PD non è stata sufficiente a placare l’ira funesta degli oppositori di Renzi all’interno del suo partito, anzi, la sceneggiata allestita alla Camera dei deputati contro il cosiddetto “Jobs act”, con il voto contrario di alcuni e l’uscita dall’aula di altri irriducibili, sembra rinvigorita.
Sintomatica la dichiarazione di Rosy Bindi, la quale ha detto chiaro e tondo che qualora non si ritorni allo spirito del vecchio “Ulivo”, e non si ridimensionino i progetti di Renzi, lei lascia il partito.
Qualcuno ha malignato attribuendole il desiderio di dar vita ad un nuovo soggetto politico. Lei ha smentito ma in maniera poco convincente.
La “matassa” è estremamente ingarbugliata sia a destra che a sinistra e le voci che si rincorrono, secondo le quali “Re Giorgio” anticiperebbe le sue dimissioni a metà dicembre, contribuiscono a complicarla ancora di più.