QUANDO CERTI STIPENDI SONO IMMORALI

Se ci trovassimo di fronte al pericolo di essere messi nell’impossibilità di esprimere opinioni politiche o religiose la libertà sarebbe certamente un valore da difendere.
(Cosmo G. Sallustio Salvemini)

Ma può essere considerata un valore se si vuole impedire al Legislatore di stabilire un limite massimo agli stipendi d’oro? E’ moralmente ammissibile dire:”Vogliamo essere liberi di aumentare i nostri stipendi all’infinito?”
Evidentemente no.

Tuttavia, ci sono in Italia alcune categorie di persone che la pensano diversamente: ad esempio, oltre agli “eletti dal popolo”, gli alti dirigenti delle banche e delle società quotate in Borsa.


Questi “signori” sono molto bravi nell’eludere ogni discussione seria sulla crisi economica, sulla recessione produttiva, sui cassintegrati, disoccupati, pensionati che sopravvivono sotto la soglia della povertà.

Il loro egoismo rasenta il cinismo.

Le loro lobby sono talmente organizzate da poter orientare le decisioni parlamentari.

Andiamo ad esaminare un episodio recente.
Nello scorso mese di gennaio il sen. Elio Lannutti (Italia dei Valori) era riuscito a far approvare dalla Commissione Finanze un subemendamento (conforme alla normativa europea) sintetizzabile nel seguente modo: lo stipendio dei manager e degli amministratori di società quotate in Borsa non potrà superare quello dei parlamentari; ai banchieri sarà vietato ricevere una parte delle retribuzioni in azioni della società in cui lavorano (cosiddette “stock option”).
Ma quando questa proposta é stata esaminata dalla Camera, é stata bocciata sulla base di un emendamento presentato dall’on. Gerardo Soglia (PdL).

Ciò significa che i “poteri forti” non vogliono cambiare l’attuale sistema di arricchimento “ad
libitum”.

A loro non interessa il fatto che l’azienda in cui operano possa rischiare il fallimento.

“Il caso della Fiat
– ha osservato Lannutti – é emblematico. Marchionne e Montezemolo insieme
guadagnano quanto 7.5OO operai”.

I nababbi italiani hannovoluto ignorare l’esempio datodagli Stati Uniti che hanno fissato per i manager la soglia massima  di 500.000 dollari l’anno.
Con quali argomenti i paperoni nostrani potrebbero giustificare, di fronte ai lavoratori e ai pensionati italiani, la mancanza di una legge che stabilisca un “tetto” per gli stipendi percepiti, oltreché dai manager di aziende private, anche da quelli di aziende pubbliche beneficiarie di pubbliche sovvenzioni?

Ciononostante, alcuni politicanti continuano spudoratamente a blaterare sulla “questione morale” e su vaghe riforme istituzionali “ad usum delphini”.
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