Politica

QUESTA LEGALITÀ NON COINCIDE CON ETICA

La contrapposizione in diretta televisiva, fra il Presidente della Camera e il Presidente del Consiglio, è stata valutata, dai politici, con parametri diversi da quelli adottati dalla gente comune.

Di fatto, quello che al cittadino è apparso uno spettacolo insolito è stato definito da un esponente del maggiore partito dell’opposizione “uno spettacolo indecoroso”.
Il termine non può non risultare improprio se si commisura lo scontro verbale in questione con gli eventi, veramente indecorosi, che caratterizzano la vita politica come, per esempio, la corruzione, l’arrembaggio a poltrone e incarichi esorbitatamente remunerati, l’elargizione di compensi spropositati a coloro che gravitano nell’orbita della televisione pubblica, l’autoattribuzione di emolumenti e privilegi sperequati a favore di deputati e magistrati.
La ratifica parlamentare attribuisce veste legale alla disomogenea distribuzione di denaro pubblico ma rende sempre più problematica la coincidenza fra etica e legalità.
Vero è che gli scranni parlamentari possono esercitare un’influenza non sempre positiva;
quello più alto, infatti, ha spesso provocato la sindrome delle grandi altitudini, mentre gli scranni destri e sinistri agevolano la sindrome di esacerbanti schieramenti ideologici la cui conseguenza è quella paralisi parlamentare che si rivela funesta nelle questioni di vitale necessità.
È il caso di una riforma la cui priorità, nell’attività legislativa, è di fondamentale importanza: la riforma della giustizia. Equità, sicurezza, libertà. Si tratta di tre valori in assenza dei quali lo Stato democratico non può sopravvivere. E i cittadini ne sono pienamente consapevoli così come sono consapevoli che senza una riforma globale della giustizia Stato di diritto e Stato sociale non possono trovare la loro piena attuazione. Ciò malgrado, c’è ancora – persino nell’ambito del centrodestra – chi rema contro ad un risanamento della giustizia che preveda, fra l’altro, una drastica riduzione dei tempi dell’iter giudiziario. A giustificazione viene sollevato il problema delle prescrizioni inteso come indulto generalizzato. Si tratta di un problema da non sottovalutare e, tuttavia, non si può non osservare che un problema di gran lunga maggiore non è stato mai risolto né dai politici né dai magistrati: l’annuale emorragia di prescrizioni che, nel corso del tempo, ha provocato la paralisi giudiziaria. È incredibile la disinvoltura con cui – nell’ambito di interviste, tavole rotonde e congressi, giornalisti e politici – si continui a fare ricorso ad una retorica fatta di stereotipi che aggira i problemi scottanti e le questioni attinenti al Bene comune. Eppure, non pochi di questi personaggi sono corresponsabili della crisi che attraversa il Paese, crisi da addebitare, anche e soprattutto, alle modifiche legislative apportate negli ultimi decenni all’ordinamento giudiziario e al rapporto fra i poteri dello Stato.
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