La politica dei “due forni”, in voga in questi giorni, non l’ha inventata certo Matteo Renzi, ma è figlia legittima del “Divo Giulio” (al secolo On. Giulio Andreotti), uno dei maggiorenti più autorevoli della vecchia Democrazia Cristiana, che, negli anni 70, (ed anche successivamente), ha governato il paese con il sostegno della sinistra, rappresentata dai socialisti, e con la destra comprendente liberali e missini.
Il vecchio adagio ci ammonisce che, molte volte, “bisogna fare di necessità virtù” ed anche se il contesto epocale cambia, il concetto fondamentale e sostanziale, rimane sempre lo stesso.
Non v’è dubbio alcuno che oggi l’Italia abbia bisogno di radicali riforme strutturali, ma la conformazione politica in Parlamento, per nulla omogenea nei rispettivi ruoli di maggioranza e di opposizione, non lo consente.
Il premier Renzi, nonostante i larghi consensi raccolti nelle ultime elezioni europee, sa perfettamente che per andare avanti, deve necessariamente ricorrere a due maggioranze: una per governare e l’altra per riformare le istituzioni.
Ebbene, non è un mistero per nessuno che la scelta di coinvolgere “Forza Italia” e, quindi, Silvio Berlusconi, ha indignato (ed indigna), una considerevole fetta del suo elettorato e causato anche dei forti mal di pancia nel centro-destra. Inoltre, ha scatenato una pesante fibrillazione all’interno del suo stesso partito, in cui i “rottamati” ed altri esponenti emergenti della sinistra più radicale, sono tuttora sul “sentiero di guerra”.
Sappiamo benissimo che oggi (come ieri e sicuramente anche come domani), nessuno fa “niente per niente” ed, a questo punto, è giustificata la curiosità di conoscere le vere clausole degli accordi di Via del Nazareno, tra il Premier e Berlusconi.
Sappiamo, non certo per sentito dire, che nessuno dei due protagonisti abbia mai avuto desiderio di sostenersi vicendevolmente per motivazioni storico-culturali ed anche per interessi “di bottega”. Ciò nonostante gli accordi continuano a tenere, consentendo all’ex cavaliere una visibilità inattesa ed all’ex sindaco di Firenze, di portare avanti il pacchetto di riforme promesse agli italiani.
Quanto al NCD di Alfano, tutti concordano che se il PD potesse liberarsi delle “larghe intese”, non esiterebbe un solo istante, ma si aprirebbe una crisi devastante, anche perché non abbiamo ancora una decente legge elettorale.
Sullo sfondo di questa panoramica alquanto nebulosa, fa capolino il M5S di Grillo, il quale non ha tuttora scoperto tutte le sue carte e, tra il serio ed il faceto, si abbandona ai noti slogan che cominciano a stancare l’opinione pubblica.
Intanto Renzi continua a governare con una certa disinvoltura, ma ormai non sono pochi coloro i quali gli chiedono di far seguire alle parole, i fatti.