Innanzi tutto bisogna chiedere a codesti sindacati, di base o confederali fa lo stesso, che cosa c’entra il servizio dei mezzi pubblici con le tasse e con la riforma costituzionale. Quando avranno risposto a questa domanda, potremmo andare anche d’accordo. Poi….Calma! Fermiamoci un momento e mettiamo in moto, se non il “bus”, il cervello. Dobbiamo fare questo innanzi tutto, per vedere chiaramente nei diritti dei lavoratori, nei diritti alla protesta, nei meccanismi di lotta, nelle sue finalità e nei suoi risultati e, ultimo, ma non meno importante, nel diritto a non farci infinocchiare dai sindacati.
Innanzi tutto, che cosa è uno sciopero? È la più legale forma di protesta e di lotta del lavoratore che è oggetto del non rispetto dei suoi diritti, che si realizza nell’”astensione dalla prestazione della sua opera”; “tu, padrone o ente pubblico, non mi rispetti nei miei diritti? Io, tuo dipendente e lavoratore, non ti lavoro; punto”. Non fa una piega ma….di nuovo…calma!
Fermiamoci un momento e mettiamo in moto il cervello. Non siamo più nel 1850 e rotti e nell’Inghilterra di Robert Owen e nell’industria tessile. Oggi, siamo in Italia e siamo nel 2016. Dopo la rivoluzione industriale, la nascita e la proliferazione dei servizi pubblici, ha ribaltato totalmente i criteri di valutazione della produzione dei beni e delle lotte.
Se, nell’industria basta “astenersi” dalla prestazione d’opera, volgarmente detto “scendere in sciopero”, per lottare contro il non rispetto dei diritti del lavoratore, (tu, padrone, non rispetti i miei diritti-io lavoratore non lavoro e non produco-io perdo la mia paga ma tu perdi la produzione e non guadagni), nei servizi del terziario e terziario avanzato (servizi sociali: trasporto pubblico – credito – sanità ecc., ecc.) tale meccanismo di lotta, è totalmente ribaltato in quanto, se il lavoratore “si astiene” dalla sua “prestazione d’opera”, il danno non lo riceve l’ente pubblico erogatore dei servizi al cittadino, ma lo ricevono il lavoratore, innanzi tutto, perché rinuncia alla sua paga, gli utenti, che vengono privati di un diritto che hanno acquisito con l’acquisto del biglietto, e l’unico utile, che si riscontrerà, lo riceve l’ente pubblico dal quale il servizio dipende. Perché? Per la semplice ragione che, fermandosi il servizio pubblico dei trasporti, in questo caso, l’ente pubblico non paga (e, quindi, RISPARMIA) lo stipendio dei dipendenti per la durata dell’agitazione, RISPARMIA l’usura cui sono soggetti i mezzi durante l’esercizio, RISPARMIA il carburante di esercizio e, per ultimo, RISPARMIA la manutenzione dei mezzi sottoposti ad usura, mentre, contemporaneamente, ha già incamerato l’importo dei biglietti che i viaggiatori hanno acquistato preventivamente. Inoltre, cosa ancora più grave, siccome si calcola che la maggiore percentuale di questo importo sia costituito degli abbonamenti (molto tempo fa era tra il 70 – 75%), l’ente pubblico si trova a incamerare un abbonamento a cui non fa seguire, con la complicità dei sindacati, l’erogazione del sevizio.
Come si definisce, nel Diritto Penale, branca del Diritto Pubblico, questo meccanismo, non voglio dirlo, ma può essere detto che ne sono responsabili i sindacati, che siano di base o confederali, non ha alcuna importanza, oltre ad esserne INUTILMENTE TRE, per tutelare i diritti del lavoratore, che È UNA ENTITÀ, non tre, per interesse demagogico, non informano e non istruiscono i loro assistiti sulla VERITÀ che loro nascondono dietro la loro proclamazione demagogica dello sciopero.