Dopo lo sfratto del Pd anche dalle sue roccheforti tradizionali, il governo comincia a interrogarsi

I risultati dei ballottaggi svoltisi in 111 comuni dell’intera Penisola, hanno nettamente premiato il centro-destra sia sotto l’aspetto numerico che qualitativo.
Rilevante anche il numero degli elettori interessati, oltre  4 milioni, di cui, però, solo il 47 % si è recato alle urne.
Questo ulteriore aumento dell’astensionismo dovrebbe preoccupare un po’ tutti i cultori della democrazia, ma molto di più i cosiddetti “mestieranti della politica” sempre disposti e disponibili a  compromessi di qualsiasi genere in cambio anche di un semplice strapuntino  nelle sale del potere.
Siamo tutti d’accordo che si è trattato solo di elezioni amministrative e, quindi, non influenti sulla tenuta del Governo, ma per la coalizione di centro-destra conquistare ben 15 amministrazioni capoluogo di provincia su 22 in palio, rappresenta un successo indiscutibile ed incontestabile.
Particolarmente significativa  la conquista di Genova, sempre feudo esclusivo della sinistra e quella dell’Aquila dove gli attuali vincitori, sono sempre stati relegati  ad una sterile opposizione.
Per quanto riguarda, in particolare, il capoluogo ligure, va sottolineato il fatto che i genovesi prima hanno negato la fiducia al loro concittadino Beppe Grillo, e poi, nel ballottaggio,  hanno voltato le spalle al  PD.
Sintomatica e molto significativa è stata la totale assenza di Renzi nella campagna elettorale, memore del referendum costituzionale che lo mandò a casa.
Intanto, dopo aver sbandierato che nel Pd il  segretario del partito esce  da un democratico ballottaggio, avendo perso, l’ala sinistra poco democraticamente non ne accetta l’esito e crea   l’ennesima  scissione nel partito.
Dopo la sconfitta, il governo sembra aver capito che le politiche adottate finora, non sono quelle giuste a cominciare dallo Ius soli, anzichè preoccuparsi dell’economia a rotoli del Paese che, solo con la fantasia, è in ripresa.
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