Non v’è alcun dubbio che la pesante sconfitta del suo partito nelle ultime elezioni amministrative abbia pesato molto, specialmente il risultato di Torino, tanto da costringere il Premier a moderare i toni abituali e mostrarsi disponibile a qualche apertura nei confronti della minoranza interna e del Parlamento.
D’altra parte sarebbe un grave ed imperdonabile errore considerare gli Italiani un popolo beota e smemorato, disposto a trangugiare tutte le fanfaronate del cosiddetto “uomo solo al comando”.
Stomachevole ed apparentemente immotivata la polemica ,“di bassa lega”, tra Renzi e D’Alema riguardo la rispettiva permanenza a Palazzo Chigi; ce la potevano risparmiare.
Non entriamo nel merito anche perché sono stati gli stessi protagonisti ad eviscerare i fatti e le circostanze e sicuramente gli elettori se ne ricorderanno quando saranno chiamati alle urne.
A movimentare questa calda estate, i nostri politici hanno pensato di salvare “capre e cavoli” inventandosi uno spacchettamento referendario che è diventato un vero e proprio tormentone estivo.
L’autentico pomo della discordia è la tanto discussa nuova legge elettorale, perché sussiste il fondato pericolo di essere governati da un solo partito (non è in discussione la colorazione politica), che raggiunga soltanto il 25 % degli aventi diritto al voto e, quindi, compatibile con un sistema totalitario.
Questa iniziativa credo serva un po’ a tutti per guadagnare tempo, tranne che alle forze di opposizione, dal momento che salta la tempistica prevista dalla legge dovendosi pronunciare la Corte di Cassazione e la stessa Consulta.
L’impressione dominante è che nonostante i giravolta dei verdiniani ed altri, non ci sarà alcuna crisi di governo e la legislatura durerà fino alla scadenza naturale, 2018, perché nessun parlamentare vuole assolutamente lasciare la propria poltrona per tornarsene a casa e rimanerci per sempre.