Spread, spending review, pil…ma chi paga?
Si tratta di termini che sono entrati a far parte del nostro vocabolario e che ascoltiamo molto spesso nel corso dei TG, ma non tutti sanno cosa siano veramente e co me facciano ad incidere con le nostre tasche. Cerchiamo, però, di fare un po’ di chiarezza, partendo dal significato di “spread”.
Lo “spread” non è altro che la “differenza” (tradotto dall’inglese) tra i rendimenti dei Bund (titoli di stato tedeschi) e dei Btp (titoli di stato italiani).Come viene calcolato? Prendiamo ad esempio un “Btp” a 10 anni definendone il rendimento a scadenza. Poi prendiamo in esame un “Bund” anch’esso a 10 anni e calcoliamone il rendimento a scadenza. Con la differenza tra questi due rendimenti si ottiene lo “spread”. Il rendimento di un titolo di stato rappresenta anche il suo livello di rischio: più è alto il rendimento, maggiore sarà il rischio che l’emittente non paghi le cedole e non rimborsi il capitale alla scadenza. Viceversa, minore è il rendimento e minore sarà il rischio dell’obbligazione. Pertanto, se lo spread tra Btp e Bund aumenta, significa che il rendimento del nostro Btp sta aumentando nei confronti del rendimento offerto da un’obbligazione ritenuta sicura come il Bund. Se il rendimento del Btp aumenta, significa che il mercato percepisce il nostro titolo di stato come meno sicuro rispetto all’equivalente tedesco. Se lo spread aumenta, significa che il mercato giudica in aumento il rischio per l’Italia, ossia giudica l’Italia sempre meno affidabile.
In pratica, quando lo spread tra Btp e Bund aumenta significa che i nostri titoli di stato perdono prezzo e quindi rendono di più in quanto sono percepiti come sempre più rischiosi. Attualmente, in considerazione del nuovo aumento dello spread, l’Italia viene giudicata sempre meno affidabile.
Un altro termine ormai di uso comune è “spending review”. La traduzione dall’inglese della dicitura ‘spending review‘ significa “revisione della spesa” e nella finanza italiana è stata introdotta dall’ex Ministro dell’Economia Padoa Schioppa, facente parte dell’esecutivo nel Governo Prodi. In pratica si tratta dell’analisi dei capitoli di spesa nell’ambito dei programmi delle attività da attuare da parte dei singoli dicasteri al fine di individuare le voci passibili di taglio per evitare inefficienze e sprechi di denaro. L’obiettivo di questa azione di bilancio è quello di pervenire a un più efficiente controllo nell’utilità effettiva della spesa pubblica. Ma il comune cittadino, anche se questa appena trascritta rappresenta la traduzione letterale del termine, non riesce a capire come mai tale revisione di spesa debba essere sempre “pagata” da lui e mai da chi usufruisce di benefici “intoccabili” che non rappresentano mai oggetto di revisione!
Per ultimo il PIL, acronimo di Prodotto Interno Lordo che rappresenta il valore complessivo dei beni e servizi finali prodotti all’interno di un paese in un certo intervallo di tempo (generalmente un anno). Il PIL può essere anche definito come il valore della ricchezza o del benessere di un paese, ma anche questo rappresenta un lato comunque oscuro per un semplice contribuente che, nelle sue tasche, anche se la percentuale del PIL viene definita alta, non vede né il valore della ricchezza né tantomeno la ricchezza del Paese!
Vista la confusione che generano tali termini, sarebbe il caso di definire alcune situazioni in italiano per comprenderle maggiormente, ma forse è proprio questo l’obiettivo, quello di farci capire il meno possibile!