STRAGE DI BRESCIA: VERITÀ PROCESSUALE E VERITÀ STORICA CON RIFLESSIONI SUL SEGRETO DI STATO

 Per quanto riguarda la recentissima sentenza onniassolutoria sulla Strage di Piazza della Loggia a Brescia, del maggio 1974, riportiamo quanto detto a caldo da Manlio Milani, Presidente dell’”Associazione Familiari delle Vittime” subito dopo la lettura della sentenza:
 

:“…noi eravamo in piazza quella mattina… in questo processo le cose che mi hanno colpito sono state le reticenze, le falsità che hanno raccontato; stiamo ancora combattendo con un Parlamento che ti dice che sull’applicazione della Legge sul Segreto di Stato, a quattro anni dalla sua approvazione, non ci sono ancora i regolamenti applicativi. Non c’è volontà di affrontare quegli anni…”.
In verità, Milani ha ragione, perchè la  Legge 3 agosto 2007 n. 124 sul “Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica e Nuova Disciplina del Segreto”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13 agosto 2007, in termini di novita’ rispetto al passato, ha previsto un criterio di valutazione del danno che si vuole evitare con il ricorso al segreto di Stato, prescrivendo che esso debba configurarsi come tale da “ledere gravemente” la “Salus Rei Publicae”, cioè, il supremo interesse dello Stato. In tale quadro, la Legge ha introdotto anche nuovi casi di inopponibilita’ del Segreto di Stato.
Rispetto all’ipotesi gia’ prevista dalla vecchia legge n. 801/1977 (il cui articolo 12 testualmente recitava che in nessun caso potevano essere oggetto di Segreto di Stato fatti eversivi dell’ordine costituzionale), costituiscono ora motivo ostativo anche i fatti di terrorismo e quelli costituenti i delitti di cui agli articoli 285, 416-bis, 416-ter e 422 del Codice Penale(nell’ordine: devastazione, saccheggio e strage; associazione di tipo mafioso; scambio elettorale politico-mafioso; strage). In verità,una recente positiva novità c’è, quantomeno nella volontà dell’Esecutivo di porre ordine alla delicata materia e di disciplinarne le procedure. Nella Gazzetta Ufficiale N.54 del 5 marzo scorso, infatti, è stata pubblicata una Direttiva del Presidente del Consiglio di Ministri, del 14 febbraio 2012, per l’attuazione delle disposizioni concernenti la tutela amministrativa delle informazioni coperte dal Segreto di Stato e degli atti relativi. In particolare, il Capo del Governo, Senatore Monti, precisa che spetta a lui la decisione di confermare o eliminare il segreto di Stato, dopo 15 anni dalla sua apposizione. Dispone, quindi, che i Ministri diano direttive nella competenza perchè le procedure, volte a sottoporre alle sue decisioni i provvedimenti in tema di Segreto di Stato, istruite per il tramite dell’UCSe (Ufficio Centrale Segretezza), e trasmesse all’Organo Nazionale di Sicurezza, siano fornite di tutti gli elementi utili. Con la stessa procedura, le Amministrazioni dovranno informare tempestivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri di ogni singolo caso di opposizione del Segreto di Stato effettuata all’Autorità Giudiziaria da propri dipendenti o da soggetti sottoposti alla propria vigilanza ovvero di fatti di cui vengano, per qualsiasi motivo, a conoscenza. Nella Direttiva, ancora, emerge la necessità, fatto oltremodo importante, di effettuare le necessarie ricerche per assicurare che, sin dall’inizio dell’attività dell’Ufficio Inventario, sia già disponibile un quadro completo di situazione dei Segreti di Stato ancora attuali. Al riguardo, si richiama l’attenzione delle Amministrazioni interessate sulla necessità di valutare e formulare, con “congruo anticipo rispetto alla scadenza del termine di quindici anni  previsto dalla  legge, eventuali proposte di proroga da sottoporre, per il tramite dell’Organo  Nazionale di Sicurezza, al Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Quanto sopra induce a sperare che il Governo Monti stia finalmente sulla strada giusta per pervenire alle verità più scottanti della cosiddetta strategia della tensione, al fine di fare, per quanto possibile, luce su quella interminabile “Notte della Repubblica” che ancora ci sovrasta. In effetti, per la strage di Brescia, di cui discutiamo(otto morti e oltre cento feriti),in Appello, sono stati assolti tutti gli imputati, tra i quali Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Maurizio Tremonte. In primo grado, il 16 novembre 2010, gli stessi erano stati assolti con formula dubitativa. A ciò si aggiunge la circostanza, in verità non facilmente comprensibile, che le parti civili (cioè le parti lese, tra queste anche i parenti delle Vittime) dovranno far fronte alle spese processuali. Quale, in breve, la storia giudiziaria della strage di Brescia? Nel 1975 furono inquisiti i neofascisti Ermanno Buzzi e Angelino Papa, nel 1979 condannati in primo grado. Già nel 1981 le cose cominciano ad ingarbugliarsi. Poco prima del processo d’Appello, infatti, Buzzi fu ucciso nel supercarcere di Novara dai camerati Mario Tuti e Pierluigi Cocutelli, probabilmente perché voleva fare dichiarazioni scottanti…
Altre due istruttorie si risolsero in un nulla di fatto: nel 1987 vennero assolti gli estremisti di destra Cesare Ferri e Alessandro Stepanoff. Nel 1993 il Giudice Istruttore Gian Paolo Zorzi non riuscì ad accertare le responsabilità penali di un altro gruppo di neofascisti, fra i quali Giancarlo Rognoni. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio Zorzi denunciò la protezione di esecutori e mandanti della strage a opera di Servizi Segreti e apparati dello Stato, evidenziando “…l’esistenza e costante operatività di una rete di protezione pronta a scattare in qualunque momento e in qualunque luogo…”.Passarono 15 anni prima che venissero rinviati a giudizio, nel 2008, altri esponenti neofascisti (Pino Rauti, Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, già inquisiti per la strage di Piazza Fontana) e, questa volta, anche un informatore dei Servizi. L’accusa di strage nei confronti Maggi e Zorzi (quest’ultimo, residente da decenni in Giappone) fu quella di aver confezionato e procurato l’ordigno esploso in Piazza della Loggia, basandosi sulle veline del Sid di Padova e sulle successive dichiarazioni dell’agente Maurizio Tremonte, nome di copertura “Tritone”, e sulle dichiarazioni del pentito Carlo Digilio, armiere di Ordine Nuovo nel Triveneto. Nelle sue veline,l’infiltrato Tremonte raccontava in tempo reale (1974) di riunioni svoltesi ad Abano Terme (PD) con lo scopo di creare “ … una nuova organizzazione extraparlamentare di destra che comprenderà parte degli ex militanti di Ordine Nuovo. L’organizzazione  strutturata in due tronconi. Uno clandestino … opererà con la denominazione Ordine Nero sul terreno dell’eversione violenta contro obiettivi che verranno scelti di volta in volta”. Una chiara volontà terroristica che non doveva certamente essere trascurata, ma che fu invece considerata ininfluente nel processo del 2008 che mandò tutti assolti, anche se con motivati dubbi in sentenza. Eccoci, quindi, al processo d’Appello conclusosi pochi giorni fa. Ma anche qui sembra che le cose non siano andate bene, in quanto non sono state accolte le nuove prove prodotte dall’accusa, fra le quali le dichiarazioni di un altro agente dei Servizi Segreti, tale Fulvio Felli, il quale ammetteva che la velina di Tremonte sulla riunione di Ordine nero in cui si preannunciava la strage era stata posdatata, risultando evidente che, se scritta e letta da chi di dovere prima dei fatti, la strage si sarebbe potuta prevenire, come anche il ritrovamento del casolare, indicato da Digilio, dove Zorzi avrebbe accompagnato il camerata Marcello Soffiati  per la consegna della valigetta che conteneva l’ordigno destinato a Brescia. È stato accettato, soltanto, un approfondimento sulle perizie balistiche, che, in pratica, è stata una disputa virtuale su reperti di cui non esiste traccia (la piazza fu maldestramente lavata subito dopo l’esplosione) fra i periti dell’epoca, e quelli di oggi, che hanno potuto lavorare solo sulle carte. Era tritolo, sostengono questi ultimi, mentre c’era anche gelignite o dinamite, sostengono i vecchi periti, in piena sintonia con quanto aveva dichiarato Digilio. La verità, ormai, è solo quella storica, non essendosi purtroppo raggiunta quella giudiziaria, probabilmente per carenza di dati probatori fortemente incisivi e concordanti.
Nel tempo, però, in virtù del lavoro di Magistrati coraggiosi, delle Polizie che hanno condotto con specchiata onestà le indagini, delle parti civili, di tanta società attenta e vigile, è stato possibile raccogliere un corpus monumentale di testimonianze, prove, documenti, voci e altro che consentirà di pervenire all’unica verità possibile e finalmente definitiva, appunto quella storica, per cui, intanto, nell’attesa, si renda un doveroso commosso pensiero ai Caduti innocenti per stragi e fatti di terrorismo e mafie di ogni luogo e tempo, con l’auspicio di un’Italia migliore e trasparente,certamente meno disposta a tollerare le mezze verità,le bugie e gli arzigogoli di trame di tramisti cialtroni e infedeli, collegati o addirittura pilotati da politici privi di senso dello Stato e quindi pericolosi per la tenuta dell’ordinamento democratico della Repubblica.

 
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