Ricatti e strategie

Roma, 26 giugno – Questo Renzi non ce lo aspettavamo; ormai il governo si regge solo su minacce.  “Signori, se qui non abbiamo la fiducia, ce ne andiamo tutti a casa, eh!?”, “fiducie” che sono riapparse all’orizzonte quasi subito.

Bene; facciamo il punto della situazione.

Le “fiducie”, prime fra tutte e quantunque siano contemplate dalla costituzione, significano il fallimento dei governi perché vengono “invocate” quando il PdC si sente il consenso delle Camere venire meno sotto la poltrona; secondo, nel momento in cui il PdC avverte, sente, che la sua minaccia perde la carica emotiva iniziale, arriva al “ricatto” che fa leva su chi cerca qualsiasi appiglio per “non staccarsi” dalla poltrona e sulla pressione delle parti sociali, che indulgono strumentalmente, all’interesse economico e non alla qualità, “centomila assunzioni nella scuola subordinate solo all’approvazione della riforma”.

Alla pari degli 80,00 euro con cui, con la scusa di rimettere in moto l’economia che non decollava per eccesso di tasse, si “pagava” il voto degli elettori, oggi, con questa assunzione di centomila insegnanti, che non si sa quanto siano insegnanti, si paga il consenso di questi e delle parti sociali.

È una presa di posizione  di esplicita matrice berlusconiana, per cui attuato da Berlusconi non avrebbe destato alcuna meraviglia, ma da un PD, ex PCI?!…..

A questo punto, in tutta questa baraonda di assunzioni strumentali, finalizzate a salvare poltrone e governo, non si capisce – e Paolo Mieli lo ha fatto presente alla televisione – perché quello che è vietato a Berlusconi deve essere consentito a Renzi e al PD.

Dov’è che “casca l’asino”?

Nel fatto che non è l’assunzione  di centomila, duecentomila,  mezzo milione, dieci milioni di insegnanti che cambia la situazione, ma è la qualità degli strumenti a disposizione, che la cambierebbe ma che non viene toccata, per cui la situazione culturale della scuola resterà tale e quale e non subirà variazioni di sorta dal livello attuale che è quello della “cultura umanista” e del “noi siamo quelli che abbiamo abbassato le tasse” .. eloquenti “perle” espressive del PdC che definiscono “eloquentemente” e senza ombra di dubbio il livello culturale della nostra struttura didattica dagli anni ’61 – ’62 ai giorni nostri.

Vogliamo riformare davvero la scuola? La strada non è facile e nemmeno breve. Dobbiamo mettere nella pattumiera tutta la parabola discendente  dal ’61 ad oggi (il provvedimento all’università di Pisa ce lo insegna) e ricominciare con il riformare gli insegnanti e l’inquadramento degli studi (il camice bianco a chi ha la capacità di indossarlo, e non diversamente, selezionato da precisi studi) in modo da non lasciare che governo, per interessi di poltrona, da una parte, e parti sociali, per interessi di consenso, dall’altra, prendano in giro insegnanti e studenti.

Bene; la strada non è facile e nemmeno breve, ripetiamo, ma se mai si comincia, mai si arriva!

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