Il documento dei sedicenti improbabili sconosciuti “Gruppi Armati Proletari” (da non confondere con i GAP dell’editore multimiliardario ultracomunista Feltrinelli, primo tristo cantore della lotta armata; nè con i “Nuclei Armati Proletari”, organizzazione attiva a metà degli anni Settanta, forte di un centinaio di militanti effettivi, con due omicidi, quattro sequestri di persona, decine di attentati e gran numero di evasioni; né infine con i “Proletari Armati per il Comunismo” dello squallidamente noto assassino Cesare Battisti, latitante in servizio permanente effettivo da decenni in località turistiche del globo), documento apparso sul sito ‘Indymedia’ in relazione all’attentato all’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, gambizzato a Genova giorni addietro, in cui si fa anche riferimento all’agguato al Consigliere comunale torinese Alberto Musy, è documento, in verità, da non sottovalutare per taluni suoi contenuti.
Ma, a quattro giorni dall’agguato, arriva finalmente la rivendicazione che Magistrati e investigatori stavano aspettando e da quel che trapela, sembra più attendibile della precedente. Il comunicato firmato “Fai-Cellula Olga”(Fai: per Fronte Anarchico Informale, organizzazione eversiva anarco-insurrezionalista italiana) giunge in busta spedita per posta ordinaria da Genova in cui si leggono le motivazioni che hanno portato a colpire Adinolfi, ritenuto tra i maggiori responsabili, insieme con l’ex Ministro Scajola, del rilancio del nucleare in Italia. Il volantino è costituito da quattro pagine con il simbolo della Federazione Anarchica Informale. In esso, vi si trovano frasi pronunciate dalla stessa vittima, quali: “In Giappone si sono registrati oltre diecimila morti, ma neppure uno finora è dovuto agli incidenti nucleari”, e ancora: “L’impatto ambientale del nucleare è limitato, considerato che non c’è produzione di Co2”. Per la prima volta, quindi, si manifesta operativamente il “Nucleo Olga” (il nome deriva da Olga Ikonomidou, ora detenuta, anch’essa della CCF, nuova corrente anarchica greca). Prima della conclusione, in cui si annuncia che si colpirà ancora sette volte, si specifica che “con entusiasmo aderiamo alla FAI/FRI…unendoci ai tantissimi gruppi della nuova internazionale anarchica sparsi per il mondo…. a progettare e realizzare questa azione sono stati degli anarchici senza alcuna esperienza militare”. Ora, al di là delle motivate scelte a quale linea del terrore sia da attribuire l’attentato in parola, è molto interessante segnalare il pensiero del Procuratore Capo della Repubblica di Torino, Giancarlo Caselli, Magistrato di punta nella lotta al terrorismo negli anni di piombo, intervistato da Mariagrazia Gerina de “L’Unità” il 10 maggio: “”C’è un vizio congenito del nostro Paese: quello delle facili amnesie, con tendenza alla rimozione di ciò che è accaduto, persino quando si tratta di fenomeni drammatici che hanno sconvolto l’Italia come il terrorismo storico””. Poi, riguardo alla possibile sottovalutazione del rischio terrorismo, aggiunge: “”Credo che riflettere, ricordare, ragionare su come sono nate le BR storiche sia importantissimo. Con le amnesie si rischia di facilitare il riproporsi di ciò che era già stato, senza mettere in campo gli anticorpi necessari. Negli anni Settanta, le prime violenze furono decisamente favorite da un clima di indifferenza, disattenzione, sottovalutazione, se non indulgenza. E, a volte, addirittura vera e propria contiguità. Mi riferisco alla stagione dei “compagni che sbagliano”, delle teorizzazioni irresponsabili “Né con lo Stato né con le BR”, che furono benzina sul fuoco della violenza politica. Perché, se quelli che sbagliano continuano ad essere definiti compagni non si sentono ripudiati e perciò continuano a sbagliare””. Sui collegamenti con il passato, Caselli aggiunge:””Senza nessuna pretesa di stabilire delle analogie, perché nessuno sa ancora cosa sta davvero succedendo, dico che sarebbe di nuovo sbagliato sottovalutare o registrare con indifferenza ciò che sta accadendo. Altro possibile errore è la sostanziale indulgenza verso la cosiddetta violenza diffusa””. Caselli ha ragione, sono troppe le amnesie, eccessiva la superficialità con cui la gente è indotta da falsi Profeti a ragionare di terrorismi. Ogni volta che, a distanza di qualche anno, si verifica un grave fatto, ecco Politica, media, analisti da scrivania a sorprendersi; si è ogni volta.. all’alba del Mondo, per cui si scrive, si scrive e si parla, si conciona, si disserta a dismisura, tornando a ritroso nel tempo, anche se del caso sino alla strage di Piazza Fontana (del 12 dicembre 1969) in cui l’Italia, e questa è frase forte, “perse la sua innocenza (che vuol dire?)”, con florilegio di parole sui Servizi più o meno deviati e su processi infiniti che portano ad alcuna seria conclusione. Sì, questa la storia infinita della tragica eterna pagina del terrorismo! Anche se l’attribuzione alle BR non è cosa ancora praticabile nel caso Adinolfi, va comunque detto, accogliendo l’invito del Procuratore Caselli per meglio ricordare, che le BR primogenite, come forse i più non sanno, avevano smesso di essere un’organizzazione monolitica con a capo indiscusso Mario Moretti (il leader ambiguo e sfuggente sul quale poco si è indagato (perché?), che gestì il Caso Moro ed era già in semilibertà (incredibili dictu!) nel dicembre 1999) quando, agli inizi degli anni ’80, avevano subìto una serie di scissioni e ricomposizioni fino alla ripartizione in due tronconi, quello dei “Militaristi” e dei “Movimentisti”. I“Militaristi”(della“Prima Posizione”) avevano quindi dato vita alle BR-PCC (Partito Comunista Combattente), delle quali il gruppo della Lioce (in attività sovversiva sin dal 1987 senza che alcuno se ne fosso accorto!) e Mario Galesi, sono stati gli ultimi epigoni e rappresentanti. Come si ricorderà, costoro furono gli autori degli omicidi, a Roma, di Massimo D’Antona, giuslavorista consulente del Ministro del Lavoro, nel 1999, e di Marco Biagi, anch’egli esperto del lavoro, nel 2002, a Bologna, azioni che furono attuate dopo un lungo silenzio di undici anni che, a ritroso, ci porta all’omicidio del Professore Roberto Ruffilli, consulente per le riforme istituzionali del Governo (1988), rivendicato dalle stesse BR-PCC . Quindi, di nuovo silenzio sino ad ottobre 2004, quando il settimanale “Panorama” pubblicò il “Foglio di Propaganda per la Costruzione del Partito Politico Militare”, chiamato “Aurora”, un manifesto che rilanciava la lotta armata nel Nord Italia. Il documento in questione non era però da attribuirsi al gruppo Lioce-Galesi, ormai disarticolato, bensì a quello della “Seconda Posizione”, cioè i cosiddetti “Movimentisti”, che si ispiravano al sindacalismo armato, sulla linea della vecchia, storica colonna milanese “Walter Alasia”. Tale gruppo, oltremodo pericoloso, neutralizzato nel febbraio 2007 nel nord Italia, era proprio di quel troncone, che aveva svolto proselitismo nelle fabbriche come nel precariato, nei Centri Sociali e nel “Movimento No- Dal Molin” (con base a Vicenza, dove ha sede la base operativa USA della Setaf, all’epoca in grande ampliamento a seguito di accordi internazionali). Tra gli obiettivi possibili, fortunatamente non concretizzato, come da prassi consolidata, ancora un giuslavorista, il Professore Pietro Ichino. A febbraio 2007, per la cronaca, la Polizia di Milano, Padova e Torino, a seguito di indagini dirette dal PM Ilda Boccassini della Procura Distrettuale di Milano, arrestò dodici brigatisti (poi condannati a 14 anni) con cospicuo sequestro di armi, soprattutto nel padovano, comprese una mitraglietta Skorpion, una pistola e una carabina già patrimonio della ricordata vecchia colonna “Walter Alasia”, quale dimostrazione di un collegamento con il passato mai venuto meno. Ora, a margine di quanto scritto, possiamo affermare che non esistono le BR di ieri e di oggi, perché esiste la tragica storia di una unica organizzazione che ha sempre operato su linee di continuità rivoluzionaria. Poi, va sfatata la leggenda che nelle BR esistono i buoni (quelli che non hanno ucciso, ad esempio il noto Renato Curcio) e i cattivi, che lo hanno invece fatto; ciò è dipeso dalle situazioni contingenti non già da scelte morali e di vita degli interessati. Le scissioni verificatesi, poi, sono solo un aspetto autoreferenziale che risponde a logiche di potere interno e basta, come non va, certamente, asserito che il fenomeno, come ciclicamente accade in tempi silenti, si sia dissolto, perchè i fatti hanno purtroppo dimostrato il contrario. Quindi, l’attenzione va tenuta costantemente alta da parte di tutti, in quanto è inimmaginabile che dopo la disarticolazione del terrorismo rosso nei primi anni ’80, con eccezionali successi di Magistratura, Servizi allora oltremodo efficienti, e Polizie, taluni personaggi ben noti ma ai margini delle organizzazioni rivoluzionarie e non scalfiti dalle molteplici inchieste, non siano stati incisivamente monitorati nel tempo! E questo imperativo di vigilanza riguarda anche la Politica e tutte le Istituzioni, non escludendo la gente comune perché oggi, sull’onda lunga della gravissima crisi economica, la saldatura dei gruppi terroristici esistenti “dormienti” ovvero ben vitali, con frange anarchiche anche internazionali, è senz’altro possibile, ovviamente supportata da un’azione di proselitismo forte e senza precedenti, contrariamente a quanto si va da più ambiti “lietopensanti”e incompetenti rassicurando. Certamente inquietante, al riguardo, quanto leggiamo nella premessa al bel libro di Pino Casamassima, giornalista attento e intelligente, dal titolo: “Gli Irriducibili-Storia di Brigatisti mai pentiti”, editore Laterza di Bari, 2012.””Tra i sessanta detenuti appartenenti al “Partito Armato”, ci sono otto uomini e una donna che escono di giorno e rientrano alla sera; i rimanenti quarantuno uomini e dieci donne scontano il carcere a tempo pieno o perché arrestati di recente o perché non hanno abbandonato la lotta armata come strategia politica: pronti cioè a imbracciare nuovamente le armi se solo fossero liberi…”” Addirittura, gli irriducibili veri (autentici), che danno il titolo al libro, cioè Paolo Maurizio Ferrari, Cesare Di Lenardo e Nadia Lioce, rifiutano qualsiasi contatto con “stampa borghese”, ritenuta indegna. Sull’argomento, per meglio lumeggiare i comportamenti di tali soggetti, è interessante quanto asserito in un’intervista a “La Stampa” del 14 maggio da Agnese Moro, la figlia dello Statista ucciso dalle BR, sulla reticenza, che possiamo motivatamente definire violenta, di taluni ex brigatisti: ””Mi ha un po’ sorpreso che, in un contesto così ricco di interrogativi, “la Repubblica” abbia considerato importante pubblicare una intervista a Renato Curcio, che fu tra i fondatori delle Br, considerandolo, evidentemente, un osservatore autorevole della vicenda di Genova. Francamente non aggiunge nulla alla comprensione di quell’attentato…Da quanto emerge dall’intervista, Curcio non sembra essere tra questi (quanti si sono realmente dissociati e disponibili a una leale analisi dei fenomeni) , dal momento che alla domanda cruciale: “Lei condanna questa violenza?” evita accuratamente di rispondere. Con l’effetto di ferire noi che negli anni della lotta armata abbiamo perduto persone che amavamo, e di creare nel lettore l’idea che una simile ambiguità sia di tutti coloro che furono protagonisti della stagione del terrorismo; cosa assolutamente non vera, che mortifica il loro sforzo di cambiamento – e quello di coloro che l’hanno sostenuto con tanto impegno – e impedisce di vedere che uscire dalla violenza è possibile, non solo per alcuni, ma per tanti””. Per concludere, all’ apertura del Processo d’Appello ‘bis’ ai componenti delle cosiddette ‘Nuove BR’ dell’ala movimentista, il 15 maggio scorso, come sopra scritto arrestati nel 2007 nel corso dell’operazione ‘Tramonto’ condotta dal PM di Milano Ilda Boccassini nel nord Italia, perchè, secondo l’accusa, stavano preparando una serie di attentati compreso quello al giuslavorista Ichino, hanno preso la parola dalla gabbia in aula inneggiando alla lotta armata e uno di loro, Claudio Latino, ha addirittura parlato di “…violenza inevitabile e strategicamente necessaria…”.
Quindi, che dire, che fare? Il terrorismo è finito? Certamente no! Ma sgorga dai cuori degli Italiani per bene l’esortazione più forte e sentita che mai: SVEGLIATI ITALIA!
Presa di coscienza necessaria e urgente, questa, che va urlata alla Politica, ahimè quanto screditata, di ogni colore e orientamento, che riguarda anche ciò che concerne l’oscuro pianeta Mafia, la cui lotta va potenziata oltre misura, visto che siamo prossimi alle ricorrenze delle tragica fine di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino!