Al contrario, l’abbiamo sempre sostenuto nel suo impegno di “rottamatore” ed innovatore della lenta e farraginosa macchina dello Stato, che continua a rendere difficilmente governabile il nostro Belpaese.
Durante i suoi mille giorni di governo, però, molte delle promesse conclamate non sono state mantenute, il più delle volte surrogate ed infarcite da una smoderata dose di arroganza e supponenza, ridimensionando così, il consenso e la simpatia degli Italiani.
Inoltre, il suo partito, che costituisce l’azionista di maggioranza nell’attuale compagine governativa, è dilaniato da feroci lotte intestine che potrebbero preludere anche ad una clamorosa scissione e non sarebbe poi la prima nel partito fondato da Antonio Gramsci.
Renzi ha condotto in porto alcuni importanti provvedimenti commettendo, però, degli errori marchiani e grossolani che lo hanno disarcionato (si fa per dire,) ed alquanto ridimensionato.
Il ritorno nella sua ridente cittadina toscana per occuparsi della famiglia e degli affari domestici, come egli stesso aveva promesso in caso di sconfitta del “si”, non ha suscitato particolare curiosità, perché, di fatto, Egli non ha mai smesso di lavorare nella “stanza dei bottoni” della politica nazionale.
Infatti, per molti osservatori politici e larghi strati dell’opinione pubblica, è stato costituito un nuovo governo Renzi senza Renzi, con un solo avvicendamento al Ministero degli Esteri tra Gentiloni ed Alfano.
Questa consapevolezza profondamente condivisa anche dai media, echeggiava pure nella grande sala dell’assemblea del PD, svoltasi a Roma qualche giorno fa, durante la quale le divergenze sono state marcate e sottolineate con interventi pesanti ed anche un pò volgari (avete certamente letto o udito in TV, cosa ha detto Giacchetti contro l’esponente della minoranza Dem, Speranza.)
Al tavolo della presidenza troneggiava la figura dello stesso Renzi sul quale erano puntati tutti i riflettori dell’informazione ed è sembrato a molti che, nella circostanza, appariva più conciliante del solito e, soprattutto, più moderato nei toni.
È chiaro che nonostante l’impegno e le proposte di tutti, nessuna decisione definitiva potrà essere presa prima del 24 gennaio prossimo, quando la Corte Costituzionale dovrebbe emettere un giudizio inoppugnabile ed imprescindibile, sulla nuova legge elettorale.