Una calma poco rassicurante

Tribunale di MilanoLa sentenza del Tribunale di Milano, che ha condannato il Sen. Silvio Berlusconi a sette anni di carcere e l’interdizione perpetua dai uffici…

La sentenza del Tribunale di Milano, che ha condannato il Sen. Silvio Berlusconi a sette anni di carcere e l’interdizione perpetua dai uffici, è stata accuratamente eviscerata, ampiamente commentata e magistralmente servita, in tutte le salse, all’opinione pubblica dell’intero Paese ed anche all’estero, alimentando, contestualmente, le profonde ed insanabili divergenze esistenti tra l’elettorato del centro-destra e quello del centro-sinistra. Stranamente il capo carismatico del PDL, pur ostentando con modi pacati la propria indignazione nei confronti dei Magistrati di Milano, pare non abbia minacciato di voler sotterrare l’ascia di guerra per colpire il governo delle “larghe intese”. Non credo ci sia qualcuno in grado di prevedere le prossime iniziative dell’ex  Premier, il quale, molto verosimilmente, adotterà quelle più opportune, “Pro domo sua”, a prescindere dalla prevalenza dei “falchi” o delle “colombe” che animano il dibattito all’interno del partito. Questa convinzione trae origine da una pur sommaria analisi della struttura portante del partito, ma soprattutto dalla personalità e dalla proverbiale intraprendenza del suo fondatore, in mancanza del quale si assisterebbe, ineluttabilmente, al crollo verticale ed alla dissoluzione irreversibile dell’intera classe dirigente e, forse, anche di larghissima parte dell’elettorato rimastagli fedele in quest’ultimo ventennio. Non v’è dubbio che il clima politico generale sia sensibilmente peggiorato e le prossime scadenze, già programmate, rischiano di inasprire i rapporti tra i due maggiori partiti della maggioranza, peraltro sempre ostili e sferzanti. Come se non bastassero i “mal di pancia” sull’abrogazione dell’IMU sulla prima casa e l’aumento dell’IVA dal 21 al 22 %, sono arrivati al pettine altri due nodi alquanto importanti, come l’acquisto degli aerei da combattimento “F 35” e la riforma della giustizia. L’aspetto più paradossale è che, in linea di principio, la maggioranza si è sempre espressa favorevolmente, sia pure con alcuni distinguo, ma allo stato attuale delle cose, bisogna prenderne atto che mancano le risorse economiche il che impone delle priorità e delle scelte  che risultano diametralmente opposte. E’ chiaro che a questo punto qualcuno dovrà “perdere la faccia” e se accostiamo a tutto ciò il malumore e la frustrazione del Cavaliere, la sopravvivenza o, quanto meno, la stabilità dell’esecutivo potrebbe avere problemi rilevanti, nonostante le assicurazioni pubbliche e di maniera espresse in diverse circostanze. E’ opinione ricorrente che se ancora non è “saltato il tavolo”, lo si deve soltanto alla ragionevole consapevolezza che il Capo dello Stato non scioglierebbe subito le Camere in quanto nessuno vuole andare alle urne con l’attuale legge elettorale e ciò rappresenta un efficace deterrente contro la crisi. Di sicuro la popolarità dell’esecutivo in carica è in declino e la ragione sembra vada ricercata nel rinvio ricorrente di alcuni provvedimenti, esattamente come facevano i cosiddetti governi “balneari” della prima Repubblica.

 

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