Sappiamo perfettamente che sotto l’aspetto giuridico e sanzionatorio “nulla quaestio”, perché questo tipo di comportamento è addirittura contemplato nella Carta Costituzionale.
Infatti, l’articolo 67 ribadisce che: “ogni parlamentare rappresenta l’Italia ed esercita la sua missione senza alcun vincolo di mandato”.
Ebbene, col massimo rispetto per i padri costituenti, non possiamo proprio accostare costoro agli evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni e forse sarebbe stato opportuno aggiungere che il parlamentare che non condivida più la linea del partito in cui è stato eletto, se ne torni a casa.
Ma accantoniamo la questione morale ed il tradimento consumato nei confronti dei propri elettori, una certa valutazione dei fatti va pure fatta.
Il disegno di legge “Cirinnà” sui matrimoni gay ed, in particolare, sulla adozione del figlio del proprio partener (vi risparmiamo lo sgradevole e rivoltante termine anglo-sassone), ha chiaramente messo in luce che il Governo non ha la maggioranza in Parlamento.
Nella circostanza, il Premier Renzi, con un gesto alquanto inusitato ed imprevedibile, è sceso momentaneamente dal “pulpito” dichiarandosi disponibile a fare accordi con tutti quelli che ci stanno ed è bene non sottovalutarne questa apertura perché potrebbe segnare il cammino di quanto ancora resta dell’attuale legislatura.
I fatti indicano anche un’altra e più importante realtà; ossia senza il sostegno dei reduci del “Partito Delle Libertà” di Silvio Berlusconi, l’intero castello politico crollerebbe all’istante.
Questi nuovi eroici salvatori della Patria sono gli “alfaniani”, i “verdiniani”, i “fittiani” e gli altri transfughi rifugiatisi nei cosiddetti “gruppi misti” della Camera e del Senato.
Com’era facile prevedere, con lo spacchettamento del “ddl”, l’accantonamento temporaneo delle adozioni ed il ricorso “alla fiducia”, si è potuto raggiungere il traguardo, ma le lotte intestine rimangono ed in un modo o nell’altro, presto entreranno in rotta di collisione con esiti incerti.
L’impressione dominante è che Alfano ne sia stato il maggiore beneficiario di questa baruffa parlamentare, ma non sono in pochi coloro i quali bollano questo presunto successo come la “vittoria di Pirro”.