Sensori ad alta risoluzione, algoritmi e tecnologie di telerilevamento, sono gli strumenti innovativi che ISPRA, CNR, ENEA e Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia mettono in campo per il monitoraggio delle dune costiere e dei fondali marini che combinano tecniche di osservazione da remoto – basate su dati acquisiti da sensori aerei ad alta risoluzione (LIDAR) e iperspettrali – e misure sul luogo per la calibrazione dei dati acquisiti.
I risultati dell’utilizzo di queste tecnologie sono contenuti in uno studio pubblicato sulla rivista internazionale ‘Remote Sensing’.
La ricerca si è concentrata, in particolare, sull’analisi delle dune costiere del Circeo in provincia di Latina, che sono caratterizzate da una complessa copertura di vegetazione che ne controlla stabilità, dimensione e forma rispetto ai venti dominanti.
Grazie alle tecnologie messe in campo, i ricercatori hanno scattato una vera e propria ‘fotografia’ di questa area.
Dalle stesse, è stato possibile rilevare che le dune costiere rappresentano una barriera naturale all’innalzamento del livello del mare.
La loro vegetazione è in grado di trattenere sabbia, una risorsa naturale di valore inestimabile che scarseggia sempre di più lungo i litorali.
Offrono, inoltre, un ambiente turistico e ricreativo per i cittadini, che sempre più stanno riscoprendo un interesse verso le spiagge naturali.
Attraverso il rilievo di dati iperspettrali e lidar da aereo e l’elaborazione della moltitudine di colori offerta dalle immagini, questa fotografia ‘ipertecnologica’ riesce a fornire una descrizione accurata della tipologia di vegetazione che ricopre le dune costiere, i camminamenti e altre forme antropiche.
Il metodo utilizzato dai ricercatori si chiama FHyL e ottimizza il concetto di integrazione delle conoscenze geofisiche ed ecologiche con quelle legate alle tecnologie di automatizzazione e di intelligenza artificiale.
“Il nostro paese è da sempre un’autorità nel campo delle tecnologie di rilievo da remoto e ha recentemente lanciato il programma satellitare iperspettrale denominato PRISMA.
PRISMA oggi rappresenta l’unico precursore sperimentale già orbitante di una tecnologia su cui tutti i Paesi del mondo stanno investendo.
Questo è stato possibile perché in Italia erano già presenti i tre pilastri fondamentali per la creazione dei servizi istituzionali di osservazione della Terra: gli utenti con una chiara richiesta, l’industria e una comunità scientifica competente”, spiega Andrea Taramelli (ISPRA-IUSS), delegato nazionale del programma europeo di osservazione della terra Copernicus.
“In questo contesto, il paesaggio costiero italiano, fatto di innumerevoli tipologie di habitat, è stato scelto come uno dei migliori campi di sviluppo di modelli di elaborazione dati per dimostrare e rendere evidente il ruolo fondamentale del dato da remoto nei settori produttivi della difesa costiera e monitoraggio degli impatti”, sottolinea Taramelli.
“La visione strutturale del sistema delle dune è ora più integrata e le morfologie delle dune eoliche si possono preservare sfruttando le caratteristiche della vegetazione e degli habitat che essa costituisce.
Oggi la vulnerabilità delle coste all’erosione e alle inondazioni dovute all’innalzamento del livello del mare è più gestibile grazie al servizio ecosistemico di protezione che ci offre la copertura vegetazionale.
Dunque, conoscere e monitorare (oltre che preservare) la struttura della vegetazione e la sua frammentazione dovuta alla presenza antropica è una delle vie primarie per lavorare alla resilienza di questo pregiato tratto di costa”, afferma Emiliana Valentini (CNR).
“La caratterizzazione e la conservazione delle dune costiere contribuisce a proteggere le spiagge dall’erosione in quanto costituiscono una riserva di sabbia.
Quando le mareggiate invernali colpiscono i litorali, questi depositi rappresentano l‘ultima protezione naturale dalle inondazioni.
Quindi, studiare e proteggere questi ambienti naturali ha ricadute dirette sull’economia del Paese e non solo sull’area di studio, il Parco Nazionale del Circeo, scelta per implementare la tecnologia”, conclude Sergio Cappucci (ENEA).
Negli ultimi 30 anni le dune del Parco Nazionale del Circeo sono state oggetto di numerosi interventi per proteggerne la base, ridurre le perdite di sabbia verso l’entroterra a causa del vento e limitare l’impatto del calpesti.
Queste azioni hanno consentito finora di conservarle, ma i cambiamenti climatici e la recrudescenza delle mareggiate ne mettono continuamente a rischio l’esistenza.