I punti caldi dei cambiamenti climatici planetari
Roma, 6 luglio – Tutti possono constatare, giorno dopo giorno, come le temperature delle città nelle quali viviamo aumentino costantemente; addirittura in montagna, dove l’aria fresca è tradizionale, e ricercata con ansia dai turisti metropolitani, si raggiungono valori inusitati, per quote comprese tra 1000 e 1500 metri sul livello del mare.
Ma si può affermare che il cambiamento climatico non sia uguale in tutte le aree della Terra.
Esistono ‘punti caldi’ (hot spot), aree che si stanno riscaldando più rapidamente di altre, facendo osservare variazioni importanti nei valori medi e nella variabilità inter-annuale di temperatura e precipitazione.
Il recente studio di un gruppo di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche, composto da Marco Turco, Elisa Palazzi e Jost von Hardenberg dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac-Cnr) di Torino e Antonello Provenzale, direttore dell’Istituto di geoscienze e georisorse (Igg-Cnr) di Pisa, ha fornito conferme sperimentali e osservative dell’identificazione delle aree più sensibili.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters della American Geophysical Union. “Il nostro lavoro, basato sull’analisi di archivi pubblici di dati di temperatura e precipitazioni degli ultimi sessant’anni (1951-2010), ha dimostrato che le regioni più sensibili ai cambiamenti risultano essere in Amazzonia, nel Sahel, nelle aree tropicali dell’Africa occidentale, in Indonesia e nella parte orientale dell’Asia centrale”, afferma Provenzale. “In tutte queste aree identificate come ‘hot spot’ sono stati riscontrati cambiamenti congiunti in molti dei parametri climatici considerati (temperatura, precipitazione e loro variabilità), confermando che queste specifiche regioni sono soggette a modifiche delle condizioni climatiche complessive. In generale, tuttavia, quasi tutte le regioni del mondo mostrano cambiamenti importanti in almeno alcuni parametri climatici. Nel bacino del Mediterraneo, in particolare, la temperatura media estiva è cresciuta di circa un grado negli ultimi cinquant’anni, parallelamente all’aumento del rischio di onde di calore estive”. I parametri presi in considerazione sono: temperatura media; precipitazione; variabilità inter-annuale di temperatura media e precipitazione; frequenza di stagioni con temperatura e precipitazione media più alta delle massime nel trentennio precedente; frequenza di stagioni con precipitazione media minore della minima media stagionale nel trentennio precedente. I cambiamenti registrati in tali parametri possono avere effetti importanti sugli ecosistemi, sulle produzioni agricole, sulla disponibilità di risorse idriche, sul rischio geoidrologico. “Gli hot spot identificati sono in accordo con quelli evidenziati dalle proiezioni fornite dai modelli del clima globale, dei quali quindi si conferma la validità”, conclude Provenzale. “Ciò indica che il cambiamento globale non è una mera ipotesi futura, ma un processo già in corso. L’identificazione delle regioni più sensibili dovrebbe stimolare lo sviluppo di strategie internazionali di mitigazione dei rischi e di adattamento specificamente pensate”.
La scheda : Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac-Cnr) e Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Igg-Cnr), Individuazione dei ‘punti caldi’ del pianeta. Geophysical Research Letters, Observed climate change hotspots, 2015; doi 10.1002/2015GL063891; Turco M., Palazzi E., von Hardenberg J., Provenzale A.