Salvare il pianeta è ancora possibile

Roma, 18 ottobre 2018 – Alla Conferenza per il Cinquantesimo Anniversario del Club di Roma, riuniti i maggiori esperti internazionali dello sviluppo sostenibile per salvare il pianeta.
Cinquanta anni fa nasceva il Club di Roma, primo think tank mondiale sullo sviluppo sostenibile del pianeta, per iniziativa del geniale economista e imprenditore italiano Aurelio Peccei e del direttore scientifico dell’OCSE Alexander King.
Poco dopo veniva pubblicato il primo dei 40 rapporti, il celeberrimo Limits to Growth: 9 milioni di copie vendute, traduzioni in 36 lingue. In questo mezzo secolo, nonostante gli allarmi di esperti e studiosi si siano moltiplicati, il paradigma dello sviluppo economico basato sulla crescita infinita è ancora caro a politici ed economisti. Il risultato è che i quasi 8 miliardi di esseri umani oggi viventi hanno bisogno delle risorse prodotte da due pianeta Terra. La politica mordi e fuggi, che prende le sue decisioni solo rispetto al termine dei pochi anni che intercorrono tra una tornata elettorale e l’altra, e una filosofia economica nata nel ‘700, in un pianeta poco densamente popolato e sfruttato, stanno facendo prevalere interessi di parte su quelli comuni, nonostante esistano già oggi valide alternative nella finanza, nell’economia, nella produzione, nell’energia. Se non si cambia rotta, ora, il futuro può solo peggiorare in termini di guerre, povertà e perdita di interi habitat e specie.
Uno dei segnali più chiari in questa direzione viene fornito dall’ultimo rapporto del Club di Roma, intitolato Come On!: gli umani e gli animali da allevamento costituiscono il 97% del peso di tutti i vertebrati viventi sulla Terra, buona parte del restante 3% (tutti i mammiferi, pesci, anfibi e rettili) oggi come oggi non ha molte probabilità di scampare all’estinzione. Le cose, sulla Terra, sono cambiate a ritmo galoppante in questi 50 anni. Quando il Rapporto I limiti dello sviluppo è stato scritto, gli esseri umani erano 3,5 miliardi. Oggi sono 7,6 miliardi, il 117% in più in mezzo secolo. Le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera sono cresciute da 322 a 403 parti per milione (un aumento devastante, che ha appena prodotto i tre anni più caldi in assoluto della storia della climatologia: 2014, 2015 e 2016, un’impressionante tripletta). Gli abitanti delle città sono passati da 1,3 miliardi a 4, cioè sono più che triplicati (+ 207%) e le megalopoli con più di 10 milioni di abitanti sono passate dalle tre del 1968 (New York, Shangai e Tokyo) alle 22 attuali. Alla crisi ambientale globale si sono aggiunte in questi ultimi due decenni quelle sociali, politiche e morali. Miliardi di persone non hanno più fiducia nei loro governi e nella politica, crescono i populismi aggressivi, la povertà si è allargata e approfondita in molti Paesi del mondo. Valutare il successo di una società in termini di PIL è sempre più inadeguato, anche per misurare la crescente diseguaglianza tra ricchi e poveri. La massimizzazione del profitto e la salvaguardia del Pianeta sono in un conflitto ormai insanabile.
Sono questi alcuni dei messaggi lanciati nel corso della interessante Conferenza per il Cinquantesimo Anniversario del Club di Roma, organizzata dallo stesso Club di Roma, in collaborazione con Fondazione Aurelio Peccei, WWF, Novamont e Asvis all’Istitum Patristicum Augustinianum (via Paolo VI, 25). Una due giorni alla quale hanno partecipato alcuni tra i massimi studiosi, economisti e ricercatori nel campo dello sviluppo sostenibile, dell’economia ecologica, delle scienze del clima e della terra, oltre che l’intera assemblea del Club di Roma. Saranno tra gli altri a Roma personalità come Johan Rockstrom, uno dei maggiori esperti mondiali dello sviluppo sostenibile e ascoltato advisor delle Nazioni Unite; gli autori dell’ultimo Rapporto del Club di Roma Ernst Ulrich von Weizsäcker, uno dei maggiori esperti mondiali di dematerializzazione delle società, e Anders Wijkman, esperto di problematiche sociali e politiche; il presidente del WWF Internazionale Pavan Sukhdev, uno dei maggiori esperti internazionali di ecological economics che ha diretto anche il programma Green Economy dell’ONU; Jorgen Randers, autore di tutti i rapporti sui “Limiti alla crescita” dal primo, famosissimo, del 1972; l’attivista politica sudafricana Mamphela Ramphele; Jeremy Leggett, esperto energetico e figura poliedrica di imprenditore, scrittore, divulgatore; gli autorevolissimi economisti ambientali Robert Costanza e Tim Jackson; l’imprenditore e teorizzatore della Blue economy Gunter Pauli; l’eco-innovatrice Sandrine Dixon-Decleve. Assieme a loro, alcuni membri italiani del Club di Roma (Catia Bastioli, Ad di Novamont; Enrico Giovannini, portavoce Asvis ed ex ministro del Lavoro; Ugo Bardi, docente all’Università di Firenze), il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il viceministro all’Istruzione Lorenzo Fioramonti e la sindaca di Roma Virginia Raggi. “Stiamo andando a sbattere”, avvertono attraverso il rapporto Come On! gli esperti del Club di Roma. E la prima minaccia è senza dubbio quella climatica. L’ultimo accordo che i governi mondiali sono riusciti a prendere, nel 2015 a Parigi ha una grande necessità di venire rinforzato da una rapida e profonda trasformazione dei sistemi di produzione e di consumo. Per non oltrepassare il limite di aumento massimo di 2 gradi, le emissioni di anidride carbonica dell’economia globale devono essere ridotte di almeno il 6,2% all’anno. Per restare nella soglia di 1,5 gradi la riduzione dovrebbe essere intorno al 10%. Nel 2017 invece le emissioni serra globali sono tornate a crescere dell’1,4% (dati Iea) dopo una pausa di tre anni. In realtà il mondo è ancora incamminato su un percorso che porta almeno a 3 gradi di surriscaldamento nel corso di questo secolo. Per la realizzazione delle misure di riduzione dei gas serra, la comunità internazionale ha stanziato 100 miliardi di dollari. Sei volte meno degli incentivi globali che gli stessi governi forniscono alle fonti fossili: 600 miliardi di dollari.
Ma le conclusioni del rapporto IPCC presentato in Corea all’inizio di ottobre dimostrano che raggiungere l’obiettivo stabilito a Parigi è ancora possibile. A patto di accelerare subito la riconversione green dell’economia.
(fonte ufficio stampa Silverback, greening the communication).

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