La danza racconta
Roma, 24 febbraio 2019 – Profuma di danza il programma settimanale dell’ Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia imperniato su tre musicisti: Brahms, Dvorak e Prokofiev e condotta da Jakub Hrusa.
Johannes Brahms, come molti altri musicisti coevi, era affascinato dal folklore musicale ungherese che considerava una componente essenziale dell’identità nazionale ed emblema delle sue potenzialità creative. In terra magiara fondamentale è la presenza tzigana, una cultura che nasce dalle migrazioni di intere popolazioni verso l’Europa e nel viaggio si contamina con i patrimoni più intrinseci ai Paesi che traversa, e che alla fine arriva a costituire un meticciato, frutto di esperienze sedimentate che inglobano i ricchi contatti con l’Iran del X secolo, dove molti strumenti musicali sono stati creati, come anche gli apporti della musica classica accademica e i nuovi ritmi, il jazz americano, la word music. Da questo, il profluvio di imprestiti con i ritmi trascinanti e le appassionanti melodie per attingere ad una inesausta magia seduttiva, affidata alle melodie dall’impeto inconsueto, dai ritmi travolgenti, dall’originalità timbrica, dai colori smaglianti. Brahms si appassionò presto al canto popolare ungherese, appena diciannovenne, durante il suo impegno come pianista accompagnatore del celebre violinista Reményi in una tournée e poi per molti anni continuò a comporre le sue celeberrime “Danze ungheresi”. Nello spettacolo proposto dall’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia viene eseguito l’ultimo gruppo di danze, quelle che vanno dal n. 17 al n. 21, dove è possibile ascoltare molti variati temi che richiamano l’allure militare, passi di danza gioiosa, temi nostalgici e momenti di virtuosismo brillante.
L’immediato successo di questi brani indusse l’editore a commissionarne la trascrizione per orchestra, alla quale si dedicarono, oltre allo stesso compositore, anche altri valenti musicisti, fra i quali il ceco Dvořák, il secondo autore presente in questo interessante programma diretto da Jakub Hrủsa. Antonin Dvořák era stato introdotto nel milieu artistico dallo stesso Brahms. Seguendo le orme del maestro, anche il ceco volle dedicare un concerto per violino allo stesso celebrato solista , Joseph Joachim. Ma questi, pur apprezzando dedica e musicista, non volle mai eseguire il lavoro. Anzi, mise su carta una lunga serie di appunti critici che catechizzavano la struttura anticonvenzionale dell’opera, la pesante orchestrazione, e il finale a suo avviso troppo popolareggiante. Tuttavia, il Concerto per violino in la minore op. 53, completato in poche settimane tra il luglio e il settembre del 1879, fin dalla prima esecuzione a Praga il 14 ottobre 1883, ha conseguito un successo straordinario che oggi nel gradimento del pubblico si pone sullo stesso piano del Concerto per Violino in re maggiore di Ciaikoskji, del Concerto in sol minore di Bruch, o di quello dello stesso Brahms.
A dar conto della ricchezza dei temi è stato chiamato per il programma ceciliano un violinista che fa parte dello star system dell’archetto, Joshua Bell, che perfettamente coordinato dalla direzione del ceco Hrusa, ha saputo sviluppare la ricca tematica del brano esaltandone con il suo magnifico Stradivari Huberman del 1713 le sinuosità elaborate, la giocondità dei suoi ritmi di furiant (tipica danza boema) e la nostalgia sinuosa della sua dumka ( canto popolare ucraino) che compaiono nel finale.
A conclusione del programma, ecco una Suite dal balletto “Romeo e Giulietta” di Sergej Prokofiev, curata dallo stesso direttore Jakub Hrusa. Il balletto ebbe inizi accidentati, dapprima richiesto dal Kirov di Leningrado, poi respinto dal Teatro Bolscioi di Mosca a causa dei veti dell’allora terribile ministro Zdanov – persino si parlò di farne una versione a lieto fine con i due innamorati che si salvano nel finale -, e dovette aspettare il 1940 per essere messo in scena. Dal balletto, lo stesso Prokofiev trasse ben tre suite. Nel caso della proposta di Hrusa sono stati assemblati 9 brani, i sette brani centrali, preceduti dal Preludio, vanno dalla presentazione de ‘I Montecchi e i Capuleti’, a ‘La Giovane Giulietta’, ‘Le Maschere’, ‘Romeo e Giulietta’, ‘La morte di Tebaldo’, Romeo e Giulietta prima della separazione’, ‘Romeo alla tomba di Giulietta’, e il Finale ‘Morte di Giulietta’. L’Orchestra condotta brillantemente dal direttore ceco si è impegnata con grande esito nel tracciare l’universo raccontato da Prokofiev sotto l’ispirazione delle suggestioni dei personaggi shakespeariani, un universo fatto di ambiziose e potenti famiglie, ma anche di toni dolcemente lirici e poi drammatici per raccontare con i suoni le vicissitudine dei giovani amanti veronesi.