1977, ABBA- The Movie

Quarant’anni fa il film sul gruppo svedese all’apice del successo
Roma, 15 gennaio 2017- Nel lontano 1977 un giovane regista svedese esordiva dietro la macchina da presa realizzando un docu-film sul trionfale tour australiano che gli ABBA, vincitori dell’Eurovision Song Contest del 1974, effettuarono in quell’anno. Il regista era Lasse Hallström, allora ventunenne, oggi affermato cineasta con alle spalle due candidature all’Oscar (“La mia vita a quattro zampe” 1985 e “Le regole della casa del sidro” 1999), autore anche di gran parte dei videoclip del gruppo svedese.
La pellicola, a metà tra finzione e cronaca del tour, è incentrata sulla figura di uno scombinato disc-jockey freelance che viene incaricato da una radio locale di realizzare un’intervista con il gruppo, che insegue nelle tappe per le città australiane (Sidney, Perth, Adelaide, Melbourne), mancando più volte il bersaglio, tra sfortuna e disorganizzazione; fino all’epilogo, quando, come auspicato, è la fortuna ad aiutare l’audace.
A quarant’anni di distanza, non è per la trama né per l’interpretazione degli autori che giunge l’invito a vedere (o rivedere) la pellicola. Premesso che chi scrive appartiene ad un’altra generazione, e che comunque nell’adolescenza erano gli Stones, i Beatles o gli Who le icone musicali degli anni ’70 a cui ci si rifaceva, lo spettacolo merita.
Si rivive (per chi c’era) o si conosce meglio un’epoca di cui il quartetto svedese fu sicuramente un simbolo: Agnetha Fältskog e Anni-Frid Lyngstad, incarnazione della bellezza femminile scandinava degli anni 70, e Benny Andersson e Björn Ulvaeus, invece bruttarelli e poco prestanti, ma due volpi astutissime, compositori di brani orecchiabili che, incontrando il favore di un pubblico vasto e transgenerazionale, li hanno resi ricchissimi. E dietro le quinte, come George Martin per i Beatles, il “quinto ABBA” Stig Anderson, abile manager.
La formula della doppia coppia, in cui nessuna delle due voci femminili prevaleva sull’altra, con un repertorio di brani che ne valorizzava ora una ora l’altra, ebbe nell’epopea dell’Europop molti tentativi di imitazione del “quartetto reale svedese”; in Italia è d’obbligo menzionare I Ricchi e Poveri, di cui però non si rammentano gli stessi picchi d’entusiasmo rispetto all’originale (eccezion fatta per il mitico Nicola “vengodaMolaProvinciadiBari” interpretato da Maurizio Micheli, che la brunetta se la voleva sposare con la promessa di radiosi successi al Carnevale di Putignano).
Un pizzico di invidia forse lo proverete anche voi nel vedere le immagini finali del cottage sull’isoletta di Lidingö, di fronte a Stoccolma, dove gli Abba si ritiravano a comporre.
Bando alla snobberia, e con buona pace dei musicofili integralisti che ascoltano solo le pietre miliari del rock, è innegabile che la visione del film e l’ascolto delle canzoni riesca a coinvolgere nell’atmosfera dell’epoca, lasciando una gradevolissima sensazione di buonumore e di gusto per la vita. È anche questa la funzione della musica, no?
Grazie ABBA, per non aver preteso di essere nient’altro che quello che eravate realmente, …and thank you for the music, for giving it to us.
 
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