Accademia di Santa Cecilia – Daniele Gatti dirige Alessio Allegrini con l’Orchestra di Santa Cecilia.
Viaggio verso la luce della vita
Roma, 1 marzo 2020 – Per la seconda settimana consecutiva, Daniele Gatti si cimenta alla guida dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Due i compositori protagonisti, Richard Strauss e il suo prezioso “Secondo concerto in mi bemolle maggiore per corno e Orchestra” e la “Quinta Sinfonia” di Mahler.
Di rara esecuzione, il Concerto per corno, composto da Strauss a Vienna nel 1942, è stato proposto per la prima volta nel cartellone dell’Accademia nel 2004 dal direttore coreano Myung-Whun Chung e da Alessio Allegrini , Primo Corno Solista della compagine stessa. Oggi, è lo stesso Allegrini, sotto la guida di Gatti, a far risuonare questo brano composto da Strauss in contingenze difficili, sotto l’ansia della Guerra, la paura crescente per il destino della nuora ebrea, i cui genitori erano già richiusi in un campo di concentramento dove avrebbero trovato la morte, e lo spettro dell’indigenza per l’impossibilità di trovare in Europa inganni professionali come direttore d’orchestra. Erano giorni di amarezza, di rischio continuo, che si sarebbero protratti oltre la fine del conflitto, quando l’esercito americano aveva tentato di requisire la sua villa. Allora, più che mai, Strauss si rifugiò nella composizione come antidoto alla depressione che aveva invaso i suoi giorni, legando la musica a circostanze e sollecitazioni che gli venivano soprattutto dall’ambiente familiare. Il Concerto per corno in mi bemolle, secondo per lo stesso strumento, nasce per commemorare il padre, Primo Corno dell’Orchestra di Corte di Monaco di Baviera. Il brano rifulge per merito del suo linguaggio terso dove già nel dialogo fra solista e legni (flauto, oboe, clarinetto e Fagotto) dell’”Allegro”iniziale, che esprime nell’allure moderno la sua natura novecentesca, si fondono in una sintesi nuova suggestioni mozartiane. Il ruolo del solista, al quale è richiesto un costante impegno atto a far risaltare la brillante modalità compositiva, è ben assolto dal M° Allegrini, Primo Corno dell’Accademia e musicista di spessore internazionale, che ha saputo giocare una partita di bravura con le sue trasparenze dei suoni e l’ottima sinergia con l’Orchestra condotta da Daniele Gatti.
Cessate le atmosfere da caccia straussiane, ecco profilarsi sul palcoscenico del Parco della Musica la grandiosa Sinfonia n. 5, composta a partire dal 1902, nella villa di Maiernigg in Carinzia, sulle sponde del Wörthersee, dove Mahler si era ritirato subito dopo le nozze con la ventiduenne Alma Schindler. Lì, in un capanno nel bosco, con il suo pianoforte a coda e la luce baluginante del lago, componeva liberamente con le opere di Kant e Goethe a fargli compagnia. La Quinta è una tappa fondamentale nella costruzione dell’universo sonoro di Gustav Mahler, la formalizzazione del suo stile personale, e la cesura con il resto della sua produzione, una “seconda fase”, insomma, dove viene superata la necessità espressiva dello strumento/voce presente nelle sinfonie precedenti, evocata però nella citazione di Lieder giovanili , come anche di opere liederistiche più complesse come i “KIndertotenlieder” (il Canto dei bambini morti) sui versi di Friedrich Rückert o citazioni da “Des Knabel Wundrhorn” (Il corno magico del fanciullo), perché, chiarì il musicista: ”La voce umana qui sarebbe fuori luogo. Non c’è bisogno di parole perché tutto è espresso in termini puramente musicali” Muovendosi sulle orme del grande sinfonismo tedesco ottocentesco, e superandolo, aprendosi a suggestioni popolari e popolareggianti, Mahler costruisce la sua cattedrale sonora in cinque movimenti, dettagliandoli scrupolosamente, a partire da una “Marcia funebre” iniziale che ricorda, pur nel cambiamento del modo armonico, l’apertura della V° di Beethoven. E’ l’inizio di un viaggio fantastico che dalla morte e dal dolore si incammina verso la freschezza della vita, caricandosi lungo il percorso di tutte le vibranti sfumature dei sentimenti, illustrando con i sorprendenti contrasti ritmici del II° movimento“Tempestosamente mosso. Con la massima veemenza” tutta la tragicità della fine. Nel terzo, “Scherzo” ,si libra il mondo mahleriano si avvia verso a quelle modalità di introspezione psicologica e filosofica che sono patrimonio delle successive opere sinfoniche. Lo stesso musicista dirà che “ogni nota è carica di vita e tutto l’insieme gira intorno vorticosamente” Ma lo preoccupava che il suo movimento venisse eseguito troppo in fretta perdendo così di senso. L’allure lirico ed elegante domina nell”Adagetto” (così nella scrittura autografa che ha bruciato la i), il brano più noto della Sinfonia, dopo che Luchino Visconti lo scelse come colonna sonora del suo film “Morte a Venezia”. La maestosa sinfonia si conclude sulle note luminose del Rondò che si riallaccia ad una dimensione di spensieratezza legata all’infanzia e si avvia al grandioso crescendo del Finale.
Daniele Gatti, che ha diretto la magnifica Orchestra di Santa Cecilia senza partitura, è stato giustamente gratificato da un grandissimo consenso del pubblico, affascinato dalla squisita coerenza interpretativa, dall’analisi mai superficiale, dall’eleganza del gesto meditato che cesella in un unicum tutti gli apporti sonori tessuti nei cinque movimenti, rendendo plastici alcuni momenti, riuscendo a dare concretezza di suono a certi quasi inavvertibili “pianissimo”, a giostrarsi con le rapide variazioni dinamiche.
Un concerto davvero di eccelsa qualità.