Roma, 7 novembre 2021 – A Santa Cecilia due giovani musicisti debuttano sul palcoscenico del Parco della Musica con brani celeberrimi e offrono al pubblico il loro attualissimo modo di far rivivere le pagine di Strauss, Ciaikovskij e Ravel.
E il pubblico è tutto per loro, incondizionatamente.
Sono Lorenzo Viotti, direttore, e Giuseppe Gibboni, violinista laureato dalla 56° edizione del Premio Paganini, terzo italiano nei decenni, dopo Salvatore Accardo e Massimo Quarta. E quest’ultimo quasi trent’anni fa.
Un’occasione fortunata il suo debutto a Santa Cecilia, di quelle che si verificano ogni tanto nel mondo dello spettacolo, una luce improvvisa che apre un panorama di successi.
Gibboni è stato chiamato all’ultimo momento per sostituire la violinista tedesca per Veronika Eberle indisposta. Lei aveva scelto il concerto per violino di Korngold.
Il ventenne Giuseppe Gibboni decide di confrontarsi con il difficilissimo “Concerto in re maggiore” di Cajkovskij, un brano che per la sua difficoltà era stato giudicato “ineseguibile” da diversi violinisti russi all’epoca della sua apparizione, salvo poi a costruirsi nel tempo una rinomanza e un successo che si perpetua.
Il capolavoro sboccia di getto nel marzo del 1878, a Clarens, in Svizzera dove Ciaikovskij si è rifugiato dopo essere fuggito dall’infelice matrimonio con Antonina Miljukova; è una sorta di rinascita, “un piacere assoluto” che percorre tutte le corde di una sensibilità profonda, di una ricca tavolozza di emozioni, gioca a rimpiattino con la malinconia, si lascia andare a momenti di irrefrenabile dolcezza, si rifugia nel virtuosismo di una cadenza di gran fascino e si esalta nel dialogo con l’orchestra, qui magnificamente condotta da Lorenzo Viotti.
La maestria di Gibboni, in una sintonia perfetta con il mondo di Ciakovskij, è pura passione travolgente che si protrae per tutto il concerto.
Alla fine il suo virtuosismo è stato sommerso da meritatissimi applausi del pubblico in sala, come dalla stessa Orchestra, un’ovazione che è stata preludio ai due bis donati: i Capricci n. 24 e n. 5 di Niccolò Paganini.
Consensi entusiastici accomunano solista e direttore.
Giovane, anch’egli, appena trentenne. Lorenzo Viotti, classico ragazzo tonico e palestrato, fisico elegante, bel sorriso scanzonato e autorevole gesto direttoriale, si pone brillantemente nel solco della tradizione familiare, essendo figlio del compianto direttore Marcello Viotti, e, appena trentunenne è già direttore principale della Netherland Philharmonic Orchestra e della Dutch National Opera di Amsterdam, dopo avere già diretto formazioni della top ten mondiale, come il Concertgebow, i Berliner Philarmoniker, il Gewandhaus di Lipsia e la Scala di Milano.
Mancava nel suo curriculum la più prestigiosa sinfonica italiana, Santa Cecilia, appunto.
Per il suo debutto ha scelto una full immersion nella giocondità del valzer, dove il profumo viennese degli Strauss, quella spensieratezza e l’allegria della “Vienna Felix” si colorano di sfumature malinconiche e presaghe che la I° Guerra Mondiale , la Grande Guerra, come venne chiamata, faceva già sibilare nell’aria.
E allora, ecco John Strauss Jr, il più prolifico della dinastia, e la sua celeberrima ouverture da “Il Pipistrello”, resa famosa anche dalle immagini indimenticabili di Stanley Kubrik e dal suo capolavoro “2001. Odissea nello spazio” E poi la suite da “Rosenkavalier” di Richard Strauss, travolgente nei suoi giochi seduttivi.
Ma il valzer può diventare feroce, farsesco e parodico di quel mondo che si avvia al tramonto ancora illuminato dalla bellezza della principessa Sissi poi imperatrice ne “La Valse” di Maurice Ravel.
Lorenzo Viotti affronta tutto con grande charme, perfettamente a bell’agio nel controllo della sonorità dell’orchestra in gran spolvero, evidenziando con classe i momenti più brillanti, sicuro nello scandire le varie pagine, nel dare lustro a tutte le sezioni per far risaltare il tessuto musicale della partitura.
La sua direzione, animata dalla gioventù, risulta spettacolare e “rinfrescata” , come si conviene ai brani scelti: godimento in più per il pubblico che ha testimoniato con applausi scroscianti l’esibizione.