Accademia di Santa Cecilia – “ La Creazione” di Hadyn diretta da Manfred Honeck
Il dono di Dio in letizia
Roma, 13 gennaio 2020 – Dopo la pausa delle vacanze di fine anno, riprende in maniera spettacolare la programmazione dell’Accademia di Santa Cecilia con la sua fulgida Orchestra e il Coro affidati alla bacchetta di Manfred Honeck, per “La Creazione”, grandioso oratorio composto da Haydn tra il 1797 e il ‘98, di ritorno dall’Inghilterra, e eseguito in forma privata a Vienna, a palazzo Scwartzenberg il 29-30 aprile dello stesso anno, con Antonio Salieri al clavicembalo. Il testo de “La Creazione” è derivato sia dalla Genesi, primo libro della Bibbia, sia dal “Paradise Lost” di Milton, e tradotto in tedesco dal direttore della Biblioteca Imperiale, il suo amico e protettore barone Gottfried van Swieten. Il poema si adattava perfettamente alla religiosità di Haydn, una religiosità semplice e spontanea nella quale il sentimento della gioia gioca un ruolo importante, che viene trasfuso con identica immediatezza in molte pagine di questo capolavoro del classicismo viennese, nel quale si nota profondamente l’influenza di Händel . Alternando cori, recitativi, arie a momenti sinfonici di grande bellezza e virtuosismo e utilizzando sapientemente le dissonanze in pagine esaltanti, Haydn offre costantemente una viva sollecitazione alla memoria, utilizzando il potere evocativo della musica, attraverso procedimenti d’imitazione pura o simulata, ad esempio quando descrive la creazione degli uccelli o il guizzare gioioso dei pesci nelle acque.
Ma non c’è facile imitazione delle voci della Natura con gli uccellini resi con cinguettii dì flauti, anzi c’è come un’astrazione, una sublimazione del suono che permette il dispiegarsi della fantasia di chi ascolta.
Come anche ancor prima, nell’incipit affidato all’orchestra con le forti suggestioni che diventano persino uditive per la rappresentazione del caos primordiale dove sembra di vedere una massa magmatica che si muove incessantemente e mollemente interrotta solo da improvvisi scoppi dissonanti “Una musica-pittura tanto viva che sembra di sentire l’urto dei flutti e la schiena dei mostri marini prima di venire del tutto a galla”, così fu scritto all’epoca della sua rappresentazione.
Il direttore austriaco Manfred Honeck, da oltre dieci anni alla guida dell’Orchestra di Pittsburgh, ex violinista dei Wiener Philharmoniker, dal 2008 direttore musicale della Pittsburgh Symphony, ha saputo riproporre il clima generale dell’opera, esaltando lo spirito religioso in letizia del compositore. Peraltro, Honeck è un fervente credente, prega spesso e durante un’intervista ha affermato di prediligere il “Requiem” di Mozart e l’”Ave Maria” di Schubert, quest’ultima per la spiritualità trasfusa con tenera semplicità. Con la sua guida , l’Orchestra ha saputo trovare toni trasparenti e luminosi esaltando questa partitura straordinariamente bella che suscita immagini leggiadre raccontando il canto gioioso dell’allodola o i teneri colombi che tubano d’amore, mentre l’aquila fende l’aria orgogliosa spiegando le sue forti ali verso il sole. Questo grande quadro che si compone in ogni particolare sotto la guida sublime di Honeck, esalta il classicismo della pagina di Haydn e dà la misura del livello qualitativo della nostra maggiore Orchestra sinfonica, qui si può parlare di eccellenza, perfettamente calibrata in ogni sezione, archi, legni,etc e della pienezza ed eleganza del canto del Coro, preparato da Pietro Monti.
Solisti: il soprano Robin Johannsen (voce un po’ rigida), il tenore Maximilian Schmitt (sufficiente) e un magnifico basso Tareq Nazmi.