Roma, 09 dicembre 2018 – Leonidas Kavakos si era fatto apprezzare finora per la squisita musicalità e quel tocco appassionato che sapeva far vibrare le corde del suo Stradivari ‘Villemotte’ del 1734.
Oggi nella stagione dei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia, viene ad occupare con successo il podio di direttore d’orchestra, cimentandosi egregiamente in una difficile opera di Bruckner (la quarta B del sinfonismo mondiale dopo Bach, Beethoven e Brahms). La Sinfonia n.6 è stata composta dall’organista di corte Bruckner fra il 1879 e l’81, ma fu possibile ascoltarla per intero, a Vienna, con la direzione d’orchestra di Gustav Mahler, solo nel ’99, dopo la morte del compositore. In essa non troviamo le ardite architetture ciclopiche delle precedenti o della settima, che sembrano sconfessare de factu l’atteggiamento modesto o addirittura umile del musicista, investito dai venti di bufera che travolgevano il milieu musicale viennese, scisso fra wagneriani innovatori e brahmsiani votati alla tradizione, che lo avevano sospinto sulla scia dell’illustre operista.
In realtà, Bruckner non può a rigore considerarsi un epigono di Wagner tanti e tali sono gli elementi distintivi delle loro rispettive poetiche, come anche i linguaggi musicali adottati. E se per Wagner la musica doveva sempre legarsi ad una azione drammatica, o essere sottesa da vicende, immagini o concetti filosofici, Bruckner non era sollecitato da alcuna forma teatrale. Le sue sinfonie erano ‘musica pura’ e seguivano la scansione classica nei quattro movimenti. Uomo profondamente religioso, mistico per intima convinzione, per certi versi candido e ingenuo, tuttavia nelle sue opere evidenzia costrutti assolutamente ‘moderni’ in certi convulsi intrecci polifonici, in forme vibranti e febbrili, in talune incandescenze sonore che raccontano un animo profondo e pieno di dubbi, una personalità tacitamente complessa.
Con tutto ciò: l’uomo e la sua opera, si confronta Leonidas Kavakos, cavalcando le asperità della Sesta, dagli apici sonori delineati per ‘accumulo’ a partire dalle prime note dei violini, violoncelli e contrabbassi del ‘Majestoso’ del movimento iniziale, per poi approdare nell’Adagio ( Molto solenne ) a temi di intima mestizia che richiamano una Marcia funebre fino a spegnersi sommessamente. Nel terzo movimento, ‘Scherzo’ (non veloce) si instaura un’atmosfera aerea e lirica che prelude al Finale (Mosso ma non troppo) con qualche citazione dal Tristan di Wagner e quella serena e gioiosa accettazione delle bellezze della vita e della natura che è così congeniale allo spirito religioso di Bruckner
Ben altro versante è quello occupato nel programma da Mozart. Qui Kavakos dirige la breve ouverture da Il Flauto Magico con il suo linguaggio mistico ed esoterico che si basa su tre solenni accordi iniziali, riconducibili alla simbologia massonica, cui il compositore tentava di essere ammesso, anche per sanare una disperante situazione economica. A conclusione, il Concerto in mi bemolle maggiore K 417 del 1783, uno dei quattro concerti per corno scritti dal salisburghese. Solista Alessio Allegrini che milita come primo corno dell’Accademia ed ha un curriculum professionale davvero brillante con prestigiosi riconoscimenti, sia come solista che come direttore d’orchestra. Ben noto è anche il suo impegno sociale che lo ho portato a fondare il Movimento ‘Musicians for Human Rights’. Il brano di Mozart, della durata di quindici minuti circa, scritto per l’amico Ignaz Leutgeb è una pagina vivace dove è possibile ascoltare deliziosi momenti melodici, altri dove è sottolineata la cantabilità, che certamente al tempo del compositore doveva far conto di straordinarie doti del solista, mentre nel vivace Rondò finale il corno si riappropria della sua più intrinseca natura di strumento usato per la caccia. Molti applausi tributati al brano che ha messo in luce ancora una volta la qualità di Allegrini e la perfetta resa orchestrale. Il concerto è stato dedicato a Bruno Cagli, recentemente scomparso, con un breve e commosso saluto sottolineato caldamente dal pubblico da parte del Sovrintendente Michele Dall’Ongaro che si è fatto portavoce del ricordo affettuoso dell’Accademia e della sua Orchestra, come anche del Maestro Pappano.