Roma, 7 aprile 2019 – Kirill Petrenko è tornato a dirigere l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia con le armi invincibili della sua profonda passionalità. della sua capacità di leggere la partitura, ogni partitura, con tecnica formidabile, con lo scrupolo di un ricercatore, indagandone ogni dettaglio senza perdere la meravigliosa veduta d’insieme. Così era avvenuto con l’indimenticabile esibizione sempre con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia nel 2013 de “Das Rheingold” di Wagner in forma di concerto e oggi, al suo ritorno a Roma, con la IX° Sinfonia di Beethoven, un’architettura musicale dalla costruzione grandiosa, portatrice di un messaggio di pace e fratellanza universale, e perciò, come sottolinea Scott Burnham, studioso eccelso di Beethoven, “Poche altre composizioni hanno avuto lo stesso peso simbolico, musicale, storico, sociale, politico e rappresentativo”.
Valori accolti in pieno dall’Unesco che ha inserito la Nona Sinfonia nell’elenco del patrimonio mondiale dell’umanità. Valori adottati dall’Europa unita nascente che l’ha scelta come proprio inno ufficiale.
La Nona è anche sconvolgente per le scelte formali messe a punto dal compositore; già fin nel primo movimento lasciano cogliere una forza selvaggia appena rattenuta, che si scatena nello Scherzo” del 2° movimento, per poi modularsi in toni pacati e lirici nell’Adagio molto e cantabile”, preludio a quel finale celeberrimo, che ospita per la prima volta le voci umane impegnate ne l’”Inno alla Gioia” di Schiller, che ha varcato i confini dei generi e adottato dal grande schermo di Stanley Kubrik nel capolavoro “Arancia meccanica”, ha raggiunto milioni di spettatori nel mondo.
Il poema di Fredrich Schiller, opera del 1785, ebbe vastissima risonanza e popolarità soprattutto tra i giovani intellettuali tedeschi animati dallo spirito illuminista ed interessò fin dalla sua pubblicazione nel 1786 il giovane Beethoven che lo avrebbe poi adottato nel 1824 per la sua ultima rivoluzionaria sinfonia. Anch’essa salutata fin dal suo esordio da grandissimo successo ed ora qui, in questa nuova interpretazione del finissimo artista siberiano, naturalizzato austriaco, Kirill Petrenko, nuovo direttore principale dei mitici Berliner Philharmoniker (che raccoglie l’eredità di Simon Rattle), offerta al pubblico romano con un successo e una partecipazione che molto raramente ci è accaduto di riscontrare (dieci minuti di applausi e standing ovation). Perché Kirill Petrenko non permette allo spettatore di adagiarsi in poltrona in un complice e acquiescente ascolto, niente mollezze, niente accettazione passiva, il pubblico partecipa del suo entusiasmo, della forza e della determinazione delle sue scelte direttoriali, del vigore del suo impeto, dei suoi poderosi tempi veloci, della sua accentuata dinamica, dell’abilità con la quale dà vita ad ogni singola nota, della modernità della sua lettura.
Alla fine di questa complessa architettura sonora, quando i solisti e il Coro intonano le ultime battute del celeberrimo “Inno alla Gioia”, il pubblico si risveglia dalla malia, si sottrae all’ascolto ipnotico per esplodere in un applauso quasi “liberatorio”, accomunando in un unicum inestricabile il meraviglioso Coro ceciliano, che la maestria di Ciro Visco, il suo direttore, ha condotto su vertici espressivi ineguagliabili e il quartetto di solisti di fama e qualità, Hanna-Elisabeth ˇMüller, soprano, Okka von der Damerau, contralto, Benjamin Bruns tenore e Hanno Müller-Brachmann, basso.