Roma, 22 febbraio 2019 – Il mondo sotterraneo, paradossale di “Alice”, un mondo aperto alle più improbabili avventure, che attinge le vette delle più invidiabili libertà di parola e di pensiero, che sa creare una propria zoologia fantastica è quello di Lewis Carroll, nome de plume del reverendo Charles Lutwidge Dogson, padre del racconto fantastico “Alice nel paese delle meraviglie”, scritto e dedicato alla piccola Alice Pleasance Liddel, una bambina di dieci anni, racconto che ha deliziato generazioni di fanciulli e ragazzi colonizzando anche la fantasia degli adulti.
Oggi, ‘Alice’ giunge al Teatro Olimpico nell’ambito della nona edizione del Festival Internazionale della Danza di Roma in una produzione congiunta con la Filarmonica, nella nuova opera del celebre ballerino-coreografo Moses Pendleton, unico coreografo al mondo ad essere eletto Accademico della Fondazione dal 2012, che ha dato vita alla compagnia dei Momix, i signori dello stupore, che con la loro danza acrobatica si sono ritagliati uno spazio privilegiato nel mondo della danza internazionale.
Lo spettacolo, in prima mondiale, riprende alcuni dei personaggi della fiaba, come il coniglio bianco, lo stregatto, il bruco che fuma il narghilè, il cappellaio matto con l’orologio che segna solo i minuti e impedisce al tempo di scorrere, ed altri ne crea in un gioco inesausto di forme che ricreano una linguistica cinetica nuova, un universo rinnovato, con personaggi stravaganti e surreali, forme in piena libertà creativa, fantasmagoriche nel loro atteggiarsi che si muovono con passi di danza inediti o anche con il sostegno invisibile di piccoli carrelli, funi invisibili, scale creando sensazioni e suggestioni nuove.
Alcuni numeri dello spettacolo, che in linea con la fantasia libera del magico Pendleton si svincolano dal supporto della pagine letteraria di Carroll, affidano il loro fascino al gioco congiunto dei suoni ( il collage musicale è dello stesso Pendleton), delle luci ( Michael Korsch ) e dei video ( Woodrow F. Dick III ) che corroborano i movimenti coreografici in modo esemplare. Corpi come concrezioni di corpi, come quando sul fisico prestante di un danzatore si erge con movimenti di straordinaria elasticità una ballerina.
Vi sono momenti di autentica poesia quando entrano in scena volteggiando quattro figure composte da due coni sovrapposti rossi e neri che poi si scindono in una grande corolla rotante che richiama le danze sufi. Insolita e divertente la danza di quattro artisti che si presentano in scena con il corredo di una lastra di metallo effetto specchio.
Dalle diverse posizioni di essa, dalle angolazioni particolari riescono a disegnare mostri a quattro gambe in continua evoluzione e trasformazione. Le Regine di Cuori ( tutti i personaggi e anche la stessa Alice sono raddoppiati) arrivano trainate da due ‘tritoni’ che sembrano scivolare sul palcoscenico come sul fondo di un oceano – e l’immagine non è arbitraria visto che il fondo della scena si illumina di una luce azzurrata che richiama un’immagine marina con seduzioni visuali concentrate, in cui la poesia è affidata all’inedito paesaggio metafisico. Sono vestite di una tutina trasparente nera ornata di cuori vellutati rosso fuoco( i costumi fantasiosi e creativi sono di Phoebe Katzin ).
Un’idea di leggerezza è quella suggerita da quattro ombrelli bianchi che nascondono figure stilizzate che si muovono come al soffio del vento. Bellissimo l’effetto del muso di un gatto bianco e nero i cui occhi diventano due vortici luminosi ipnotici sui quali sembra di sprofondare, mentre il bruco gioca con i segmenti del proprio corpo ricreandosi ad ogni passaggio in forme nuove. Una tarantola bianca gigantesca, creata da Michael Curry, con le sue zampe pelose e un corpo di donna imprigionato si muove ipnotica sul palcoscenico vuoto. Lo spettacolo è una perfetta fusione fra danza, luci, costumi e proiezioni. Come nella favola-madre di Carroll anche qui Alice cresce a dismisura e rimpicciolisce, secondo le leggi della libera fantasia e nel finale, il suo lungo corpo volteggiante nella sottana bianca diventa lo schermo per la proiezioni di immagini bellissime e poetiche.