I colori e i ritmi della passione con l’ Orchestra Tzigana di Budapest e le danze del Zigana Clan.
Ancora una tappa di questo Festival Internazionale della Danza, frutto di una collaborazione fra l’Accademia Filarmonica Romana e il Teatro Olimpico.
Questa volta il giro di orizzonte è sull’Ungheria più folk con un omaggio alla danza e alla musica dei gitani.
Sulla scena l’Orchestra Tzigana di Budapest fondata nel 1969 da Antal Szalay, che oggi la dirige e tiene per sé l’incarico di violino solista. Szalay, nato e cresciuto in una famiglia di musicisti ungheresi e avviato allo studio del violino in giovanissima età, è considerato fra i migliori violinisti tzigani al mondo.
Sin dalle sue prime apparizioni l’Orchestra Tzigana ha ottenuto riconoscimenti e successi sia di critica che di pubblico. Da allora, ogni anno esegue più di cento concerti in Ungheria e ha tenuto tournèe in quaranta paesi (Stati Uniti, Cina, Giappone, India, Canada,America del Sud, Italia, ecc.). Nell’orchestra anche strumenti tipici della musica tzigana come il cimbalom e il tarogato.
Con il complesso al Teatro Olimpico si sono esibiti anche i danzatori del Zigana Clan, gruppo di danza diretto da Anastasia Francaviglia, le cui coreografie si ispirano al mondo nomade e ai suoi miti, dalla libertà, al viaggio, alla irrequietudine che diventa stimolo per il viaggio, alla passione, alla condivisione, al piacere visivo della tavolozza di colori sgargianti e puri (rosso, giallo, verde e blu) miscelati alla rinfusa nelle loro sottane volteggianti.
Sul palco dell’Olimpico due gruppi di ballerini, uno di danza classica, e l’altro più nutrito di danze gipsy travolgenti pronte ad esibirsi nelle varie czardas (le danze da taverna della pianura) e verbunkos, le danze caratteristiche degli Ussari e utilizzate in Ungheria per il reclutamento militare.
Non propriamente tzigane, quanto ad origini, ma le cui forme musicali sono state perfettamente assorbite in ogni spettacolo popolare ungherese, perché il pubblico se ne lascia avvolgere e partecipa vivacemente incantato anche dallo spiccato virtuosismo dei musicisti in palcoscenico, otto strumentisti virtuosi pieni di energia, ritrovando echi nella memoria di questi ritmi seducenti e pieni di vita.
Quella Tzigana è una cultura che nasce dalle migrazioni di intere popolazioni verso l’Europa e nel viaggio si contamina con i patrimoni più intrinseci ai Paesi che traversa, e che alla fine arriva a costituire un meticciato, frutto di esperienze sedimentate che inglobano i ricchi contatti con l’Iran del X secolo, dove molti strumenti musicali sono stati creati, come anche gli apporti della musica classica accademica e i nuovi ritmi, il jazz americano, la word music. Da questo, il profluvio di imprestiti con i ritmi trascinanti e le appassionanti melodie.
Una magia seduttiva alla quale non seppero sottrarsi musicisti come Franz Liszt, Brahms, (di cui all’Olimpico si ascolta la 5° Danza Ungherese), Kachaturian (eseguita la celebre Danza delle spade), per non tacere di Béla Bartók e Kodály, concordi nel considerare il folklore musicale ungherese come un componente importante dell’identità nazionale, emblema delle sue potenzialità creative. I due musicisti attribuirono un ruolo prepotente alle melodie dall’impeto inconsueto, ai ritmi dall’originalità timbrica, ai colori smaglianti che caratterizzano il patrimonio tradizionale degli tzigani. Kodaly fa di più, riesce ad integrarle con le istanze espressive europee di quei fertili anni del Novecento, aprendo un sentiero di congiunzione tra Neoclassicismo ed Espressionismo