Roma, 03 marzo 2019 – “Noche oscura del alma” un cantico in otto strofe del carmelitano San Juan de la Cruz, mistico poeta spagnolo vissuto nel XVI° secolo, ispira questa grandiosa composizione di Goffredo Petrassi, affidata alla bacchetta di Andrés Orozco-Estrada alla testa dell’Orchestra dell’Accademia e con il meraviglioso Coro di Santa Cecilia, istruito da Ciro Visco.
L’opera in versi racconta il percorso dell’anima che dalle tenebre della notte aspira alla luce divina, quella che illumina l’incontro e la fusione della creatura con il Creatore, dell’Amata con l’Amato. Le profonde significazione di questi versi, sono colte perfettamente da Goffredo Petrassi che, nelle note alla composizione afferma che “ non si tratta di una pagina mistica né religiosa, ma di un testo eminentemente profano… con una forte tensione erotica…. che riguarda l’uomo, e sembra configurarsi come ricerca delle nostre verità, un uscir dal dubbio, dal caos della mente per cercare una luce”.
Un riferimento alla ricerca dell’artista, come di ogni artista. Nell’opera del musicista sono le quattro note di un tetracordo (si – do – sol# – la) a costituire la cellula dominante di tutta la composizione, presentandosi in numerose varianti, in varie forme speculari, frammentate, complesse o dilatate.
“Noche Oscura” rappresenta una svolta nel percorso creativo di Petrassi, un superamento di quello stile corale neoclassico, quel “barocco-romano” nel quale si era espresso nel ‘Magnificat’ del 1940. “Noche oscura”, battezzata a Strasburgo a pochi mesi dalla sua composizione nel 1951, gioca tutta sulla lunga esperienza nella scrittura vocale, sull’ariosa polifonia che l’ intreccia, sulla profonda e misteriosa sonorità che sono le cifre distintive di quest’opera come anche del suo far musica. Al direttore e all’Orchestra, nonché al Coro il compito di trovare il giusto equilibrio per esaltare la ricchezza di questa partitura. Ricerca che qui, al Parco della Musica, ha trovato piena soddisfazione per merito di un direttore come Orozco-Estrada che ha ormai una fruttuosa esperienza internazionale.
Il 22 giugno del 1941, data fatale nel mondo intero e ancor più nell’Unione Sovietica con le truppe della Wermacht già penetrate nel suo territorio, con la seconda città per importanza della Russia, Leningrado (oggi rinominata Pietroburgo) cinta d’assedio mentre tutti i membri della intellighentia e della cultura vengono fatti evacuare, Dimitri Sciostakovic rimane a lavorare ad una nuova composizione tra un’escursione tedesca e l’altra, arrivando a recarsi nei rifugi portando con sé il manoscritto della partitura come il massimo dei tesori, solo dopo aver atteso che si asciugasse l’inchiostro con il quale vergava i righi musicali Perché sotto la tirannia dolorosa dell’epoca, il compositore stava scrivendo la sua VII° Sinfonia. Era il suo modo di partecipare agli eventi bellici, lui che non aveva potuto essere arruolato per le sue condizioni di salute e soprattutto per la forte miopia. La partitura fu eseguita a Mosca il 5 marzo del 1942 per la prima volta, poi in modo avventuroso pervenne alla NBC di New York e il suo direttore Arturo Toscanini la presentò al mondo. Era il 19 luglio del 1942. Una ventina di giorni dopo, con un’orchestra messa su alla meglio, richiamando dal fronte gli orchestrali per completare l’organico, l’opera venne proposta nella stessa Leningrado, ormai da oltre un anno sotto assedio. La città intera poté ascoltarla con un sistema di altoparlanti diffusi nel territorio e in breve la sinfonia assurse a simbolo della resistenza sovietica all’aggressione nazista.
La Settima è una grandiosa costruzione sottesa dal sentimento della vittoria delle forze dell’umanità, della speranza che trionfa sull’orrore e sulla morte, un contrasto di opposti sottolineato da un massiccio uso, a momenti addirittura ossessivo, delle percussioni (sia tamburi e piatti come anche timpani e xilofono) con una marcia in crescendo che sveglia l’immaginazione dell’ascoltatore e ne suscita un interesse empatico fin dal primo movimento. In altri momenti prevale il senso del dolore per la città martirizzata e per le sue vittime.