Roma, 27 Luglio 2022 – Ricorre oggi il centenario della nascita di Adolfo Celi, che nacque a Messina il 27 luglio del 1922, morto a Siena il 19.02.1986.
Fu quello un anno prolifico per il cinema italiano, e quindi aggiungiamo un altro ritratto a quelli di altri mostri sacri classe 1922, già pubblicati o di prossima pubblicazione su www.attualita.it.
Adolfo visse infanzia e gioventù in diverse città italiane, a causa degli incarichi del padre Giuseppe, Prefetto e futuro Senatore del Regno.
Fu forse questo girovagare per il Bel Paese a consentirgli di sviluppare la dizione perfetta e priva di inflessioni dialettali che, associata ad un timbro baritonale, rese la voce di Adolfo Celi, unica.
Egli fu artista di caratura internazionale.
Dopo aver frequentato l’Accademia d’Arte Drammatica a Roma durante la Guerra, alla fine degli anni Quaranta, Celi si recò in Sudamerica.
Fu questa una fase fondamentale della sua carriera, dapprima in Argentina e poi in Brasile, dove si stabilì e mise su famiglia.
In quindici anni di permanenza contribuì a dare vita al panorama teatrale e cinematografico brasiliano, sia come interprete che come regista e autore, lasciando il segno nella cultura di quel Paese.
A metà degli anni Sessanta, grazie alla notorietà acquisita in Brasile, Celi fece parte dei cast di due grandi film d’azione dell’epoca: “L’uomo di Rio” con Belmondo e soprattutto “Thunderball”, sulle spiagge delle Bahamas, nel ruolo dell’antagonista dall’occhio bendato di Bond-Connery.
Questo percorso da “attore dei Due Mondi” restituì Adolfo al cinema italiano, negli anni Sessanta, per prender parte ad una grande stagione artistica.
E nonostante molti altri ruoli importanti in produzioni internazionali, nei nostri cuori resteranno in eterno le sue magistrali presenze sceniche in film italiani di culto.
Senza trascurare i molti ruoli da antieroe, dal Lord Brooke di “Sandokan” al Don Mariano de “La Baronessa di Carini”, fu però nelle parti comiche che Adolfo Celi diede il meglio di sé.
Il re Boemondo in “Brancaleone alle Crociate”, che parlava siculo in versi a rima baciata, come nel teatro dei pupi della sua Trinacria.
Il giudice di “Febbre da cavallo” e la celebre sentenza sulla genealogia ippica di Piripicchio, figlio di Uragano e Apocalisse.
E su tutti il professor Alfeo Sassaroli di “Amici miei”, dall’umorismo cinico (“Non si deve mai andare in Germania, Paolo!”).
Adolfo Celi, un grande artista, prematuramente uscito di scena calcando un palcoscenico.