Spettacolo
Accademia Nazionale di Santa Cecilia – David Afkham e Martin Helmchen sul palco
(David Afkham e Martin Helmchen)
Amadeus e Dmitri a confronto
Roma, 4 dicembre 2016 – Due artisti giovani ma ormai incamminati sulla via del successo per il programma settimanale dell’Accademia di Santa Cecilia.
L’uno, David Afkham, Direttore Principale della Orquesta Nacional de Espaňha, ha conquistato i suoi spazi internazionali ed oggi ha già debuttato sul podio del Tanglewood Festival con la Boston Symphony Orchestra, mentre ha trascorso l’estate in tournée con i Bamberger Symphoniker. Il 2016 lo ha visto ad Armsterdam con il Concertgebow e poi a Londra, in Germania, a Cleveland, ed ora ancora a Roma, dove era stato accolto nel 2012 dall’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia.
L’altro, il pianista Martin Helmchen, affronta con piglio virtuosistico e con vivacità le pagine solistiche, forte del successo riportato con le maggiori orchestre d’Europa, i Berliner Philharmoniker e i Wiener Philharmoniker in testa, la storica New York Philarmonic (diretta da Christoph von Dohnányi) e molte altre importanti formazioni nel mondo e facendo tesoro dell’apprezzamento di direttori come Valery Gergiev, Vladimir Jurowski. Helmchen, che debutta nei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia, ha all’attivo registrazioni dei concerti per pianoforte di Mozart, i Concerti di Schumann e Dvořák, musiche di Brahms; Schubert e Schumann.
In programma, a Roma, due soli autori: Mozart e Shostakovich.
Ad apertura dello spettacolo un brano composto da Mozart nell’ultimo suo anno di vita, momento estremamente fecondo, durante il quale l’attenzione del musicista si apre a raggiera su tre straordinari lavori, il singspiel “Il Flauto magico”, l’opera “La Clemenza di Tito” e il suo canto del cigno, il”Requiem”. L’ouverture dal “Flauto Magico” testimonia la volontà di scrivere una musica che tenesse conto del desiderio di Amadeus di essere finalmente ammesso a far parte della massoneria, nella speranza sempre viva di potere risolvere o quanto meno alleviare certe necessità di ordine pratico. Con il Concerto K 466 siamo nell’ambito della maturità espressiva di Mozart: in quel periodo Amadeus si era trasferito a Vienna e qui aveva dato vita ad una serie di ben quattordici sfolgoranti concerti, di cui il K. 466 è certamente quello che si rapporta allo “sturm und drang”(tempesta e assalto), movimento artistico-letterario attorno al quale si coagulavano gli ideali romantici dell’epoca. Scritto nella tonalità di base di re minore, la stessa del “Don Giovanni” , il K.466 nelle varie articolazioni sembra riproporre il clima demoniaco che racconta il protagonista della celebre opera, cui fa da sfondo un tappeto di emozioni serene e tenere che richiamano l’ambientazione della festa paesana, interrotta dai colori drammaticissimi ispirati a Donna Elvira e dall’ironia beffarda di Leporello.
Nella seconda parte della serata, David Afkham ha diretto la Sinfonia n.15 in la maggiore op.141 di Dmitri Šostakovič, scritta nel 1971 nella quale Piero Rattalino ravvisa lo spirito di rivolta che serpeggiava nel popolo sovietico, verso i governanti visti in modo grottesco e enfatico. Personaggi allegri e baldanzosi che nel secondo movimento Adagio-Largo-Adagio-Largo molto ampio assumono la tragicità degli eventi reali. Dopo l’Allegretto, la Sinfonia si avvia alla conclusione con la citazione del “tema del Fato” della “tetralogia” di Richard Wagner, e specificatamente della ‘Marcia Funebre’ di Sigfrido. Ma al termine, l’opera di Šostakovič offre un sorriso enigmatico, quando i suoni particolari della celesta e del vibrafono sembrano offrire un preannunzio di cambiamento, o la speranza di esso. Ed è proprio nella clausola che il compositore inserisce la citazione del nome del nipotino SASCHA (mi bemolle, la bemolle, do, si, fa), quasi a volergli destinare la parola finale sul processo umano di tanti che avevano fatto la rivoluzione per sconfiggere la tirannia e si erano poi ritrovati solo con proiezioni di speranze per il futuro.