Roma, 28 novembre 2016 – Per quanto tempo si può sfuggire alla vita e all’amore? Per quanto tempo il ricordo di una persona cara scomparsa riesce a costruire una barriera al nascere di nuovi sentimenti? È possibile poi che dalla notte del nulla si ripresentino momenti di déjà vu, situazioni che si ricollegano con somiglianze impressionanti, che sembrano prese di peso dal passato e vengono a costruire un arco di collegamento ultra temporale, riproponendo un’altra lei?
Su questi interrogativi, con il tema centrale della morte, è stato possibile costruire “L’albero di Natale”, deliziosa commedia di scena al Teatro Golden che gioca su varie corde espressive dalla tenerezza patetica del protagonista Marco di Simone Montedoro al sorriso amministrato con proprietà da Emanuela Fresi, strepitosa voce del quartetto vocale “Favete Linguis” e qui una portiera ciociara umanissima e diretta, passando per i tempi comici di Andrea Lolli, puntuale animale da palcoscenico, ammirato in decine di spettacoli e alla grazia sussurrata di Daniela Marra, qui impegnata a dare vita a Vanessa. L’Albero di Natale è l’epifenomeno attorno al quale ruota la vicenda, quell’albero che Marco non riesce più a decorare dopo la morte della moglie, così come non riesce a trovare un finale per il libro che giace accatastato in fogli sulla scrivania. Come se tutto si fosse bloccato d’improvviso, accettando un destino di immobilità e di morte.
Ma, appunto, quel destino sa giocare le proprie carte. Una notte, rientrando a casa da una improbabile festa pre-natalizia alla quale lo aveva trascinato l’amico Franco, gli capita di dover soccorrere una ragazza, aggredita e scippata della borsa con il cellulare e il denaro. Vanessa è una giovane bolognese, venuta a festeggiare a Roma l’addio al nubilato. Marco la invita a casa per assisterla e medicare una vistosa ferita al ginocchio. Poi è costretto dalle circostanze ad offrirle ospitalità. Nella notte che avanza, i due trovano molte sintonie e la voglia di raccontarsi, nascono delle intimità che favoriscono le reciproche confessioni. Dimenticata la affollata e chiassosa serata in discoteca che scatena Franco e disturba gli equilibri di Marco, ora lo scrittore con il blocco creativo può solo tentare di sfuggire ad un ineluttabile fascinazione, che sconvolgerà letteralmente anche la vita di Vanessa che non può ormai accettare di sposare un altro uomo. Il ritorno a casa è preludio ad una scelta di vita basata su altre regole e necessità.
La commedia ha un incipit che rispetta perfettamente i meccanismi comici affidati soprattutto a Montedoro, Lolli e Fresi, è ricca di battute divertenti, ma anche di dinamismo e di movimento, nella festa in discoteca, e certamente nella intenzione degli autori, i due fratelli Fornari –Toni ha curato anche la regia-, Andrea Maia e Vincenzo Sinopoli, professionisti del teatro, particolarmente affiatati, tanto che dalla loro collaborazione sono nati diversi spettacoli di successo proprio in questo spazio teatrale, in questo open space dove è annullata la distinzione fra palcoscenico e pubblico ma dove la magia del teatro riesce tuttavia a creare i differenti topoi.
Lo spettacolo si conclude con dei colpi di scena, per verità abbastanza prevedibili, e tuttavia ben accolti dal pubblico che ha bisogno sempre di sognare, specie in questi momenti così difficili.