Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Harding e la Filarmonica della Scala per il Centenario dell’Olocausto degli Armeni
Il trionfo sulla morte
Roma, 7 settembre – Riprende dopo pochissime settimane l’attività dell’Accademia di Santa Cecilia ospitando un concerto che vuole celebrare il centenario dell’Olocausto degli Armeni, uno degli episodi più tragici e dolorosi della storia del Ventesimo secolo che ha scosso le coscienze anche per gli assurdi e involontari primati di cui si fregia, come quello di prima strage del secolo con un numero agghiacciante di morti, quasi due milioni, la distruzione di intere famiglie e la dispersione nel mondo di migliaia di persone emigrate in cerca di asilo. Era il 1915, il primo anno della prima guerra mondiale aveva già fatto presagire il terribile bilancio che sarebbe seguito. Oggi, la questione armena è stata messa di nuovo in evidenza dalle parole di papa Francesco e nel mondo si vuole ricordare oltre che onorare la memoria di quei giorni perché è sempre latente il rischio che differenze etniche, religiose e politiche possono offrire materia per rinascite di episodi simili.
In occasione del Centenario, fra le altre manifestazioni come pubblicazioni di saggi, romanzi, concerti di contemporanea con compositori armeni, film, ecco un progetto musicale di ampio respiro: “With you Armenia”, partito da Gerusalemme lo scorso marzo che, dopo la tappa romana con Daniel Harding sul podio a dirigere l’Orchestra Filarmonica della Scala e con il pianista Alessandro Taverna, si fermerà a New York nella Carnegie Hall con Evgeny Kissim e Krzysztof Penderecki, a Londra con la Royal Philharmonic Orchestra e Pinchas Zukerman, a Bruxelles con L’Orchestra Nazionale Belga per concludersi infine al Musikverein di Vienna, la celebre sala d’oro da dove ogni anno è possibile assistere in mondovisione al concerto di Capodanno.
Sul podio ceciliano dopo un breve indirizzo di saluto e di ringraziamento da parte delle autorità armene per sottolineare come il programma scelto voglia rappresentare il trionfo della vita( e della bellezza) sulla morte e come ai discendenti di quei giorni terribili sia rimasto il compito di battersi contro ogni barbarie e contro ogni crimine universale, è lasciata alla voce dell’orchestra Filarmonica della Scala di Milano, condotta da Daniel Harding e ad Alessandro Taverna al pianoforte, la cura dell’inizio della serata che si apre sulle note del Concerto per pianoforte e orchestra in do minore op.37 n.3 di Beethoven, un’opera che oscilla fra due differenti polarità, amatissima per quell’allure romantico come per il pathos distribuito a piene mani fin dalla tonalità d’impianto, il do minore ( ed è l’unico concerto scritto da Beethoven in questa tonalità), eseguito per la prima volta a Vienna nel 1803 e subito apprezzatissimo dal pubblico.
Il lavoro presenta una complessità di momenti emotivi, fin dal suo esordio con il primo tema dell’”Allegro con Brio”, pagina complessa e solenne che viene stemperata dal secondo tema più cantabile che ben presto offre al solista (e qui a campeggiare c’è il giovane ma già ben quotato pianista Alessandro Taverna), il testimone per una vera e propria esibizione virtuosistica nella preziosa cadenza. Il rapporto fra il pianoforte e l’orchestra raggiunge momenti di lirismo delicato e introspettivo, di dolcezza leggera e soffice come una coppa di panna montata, senza tentativi di sopraffazione. Nel finale, brilla la forma Rondò con una contrastata alternanza di temi in modo minore e maggiore, che Taverna propone in tutta la varietà delle sfumature, con un gesto di enorme chiarezza e pulizia, illustrando la soavità del clima complessivo. In questo che molta critica ha voluto definire proprio per il rapporto fra solista e orchestra come il concerto beethoveniano per eccellenza, si è voluta individuare la rappresentazione simbolica di tre momenti fondamentali dello spirito umano: l’ordine, l’interiorità e la libertà.
La Sinfonia in sol maggiore op. 88 n.8, composta da Dvořák nel 1889, è un brano elegante e di grande piacevolezza all’ascolto, tanto da potere ascrivere proprio al clima disteso e all’apparente spontaneità dell’ ispirazione il suo grande successo internazionale. Eppure l’opera ebbe anche feroci detrattori: coloro che non accettavano che il compositore slavo, giunto alle soglie dei cinquant’anni ( era nato nel 1841), si stesse progressivamente allontanando dalle strutture classiche nelle quali si era adagiata e circoscritta la forma sinfonia in favore di una composizione più libera, che avesse un humus letterario, dunque in direzione del poema sinfonico, una tendenza estetica che separava decisamente gli spiriti affascinati da Liszt o da Wagner, dai compositori che facevano capo al Conservatorio di Vienna e anche da Brahms.
Per concludere, l’appassionato“Waltz” di Aram Khachaturian, compositore russo di origine armena, autore della celebre “Danza delle spade”, un brano tratto da “Masquerade Suite”, che raccoglie cinque movimenti delle musiche di scena per il film“Guerra e Pace”.