Dopo oltre 130 anni torna al teatro Costanzi “Fra Diavolo” di Daniel Auber e ci si chiede il perché tanta assenza.
L’opera infatti è godibilissima e i personaggi in scena riempiono da soli le esigenze di una drammaturgia all’insegna della leggerezza con i suoi ritmi vivaci e frizzanti, quel tono tutto francese che evoca milieu parigini un po’ peccaminosi, con un intero atto che si svolge nelle camere da letto di Milady, che cerca di distogliere il pensiero del consorte dal denaro e orientarlo verso il ‘dovere coniugale’, e di Zerlina, che spogliandosi, ammira il proprio vitino da vespa, inconsapevole che due compari del brigante Fra Diavolo la fissano indecisi se farla fuori per bloccare se scoperti ogni possibile denunzia o farsi intenerire dalle preghiere alla Vergine Maria della fanciulla.
Quel che resta nella memoria di questo spettacolo scintillante e pieno di citazioni è il clima cinematografico degli anni ’50 e ‘60, un neorealismo colorato di rosa, che diventa pop e iper realismo ricreato dalla ambientazione a Terracina o Sperlonga di Giorgio Barberio Corsetti, regista (qui in collaborazione con Massimo Troncanetti), affascinato dalle possibilità della nuova tecnologia tanto da usare per la prima volta una stampante 3D per costruire le scene e poi video proiezioni a gogò, ma tutte all’insegna del gioco, tutte obbedienti alla voglia di colore e di vita in una Italia che, dopo il grigiore della guerra, rivede per le sue strade le automobili di turisti stranieri, dapprima affascinati dal paesaggio verde poi sottoposti allo stress di mani artigliose che tentano di arpionarli piombando dall’alto come falchi.
Quel che appare in questa fantasiosa messa in scena è un paese che sperimenta una rinnovata seduttività nelle sue ragazze in carne che oscillano fra il rispetto delle tradizioni e i primi tentativi di ribellione, fra superstizioni e paure che sbiadiscono progressivamente, come anche fra briganti romantici che impensieriscono i benpensanti ma s’insinuano nelle menti delle giovinette, figure violente e brutali ma anche erotiche.
Perché la vicenda comica ma con brividi, vede protagonista la bella figlia dell’oste, Zerlina, innamorata di Lorenzo, che il padre vuole dare in sposa ad un ricco pretendente. La sua storia si incrocia con quella del brigante Fra Diavolo che vuole finire di derubare due turisti inglesi, ospiti della locanda. Da qui tutto un susseguirsi di situazioni che ricordano il vaudeville, cucendo insieme inganni, gelosie, furti, travestimenti con situazioni che anticipano la pochade e le pruderie da alcove. Situazioni particolarmente apprezzate dal pubblico dell’opéra-comique che amava vedere rappresentate storie intriganti, possibilmente condite con qualche delitto passionale, come nella Carmen di Bizet.
Scritta nel 1830 su libretto di Eugène Scribe, l’opéra-comique Fra Diavolo è tutto un rincorrersi di personaggi anche oleografici che popolano l’immaginario francese come quei briganti che infestano le strade del Regno delle due Sicilie, i valorosi carabinieri che li inseguono senza sosta, donnine dalla bellezza ubertosa e turisti un po’ ingenui venuti a godere del sole, del mare di una terra affascinante dove l’avventura è d’obbligo e si conviene viverla in mezzo ad un popolo superstizioso e un po’ primitivo ma anche coraggioso e romantico.
Lo spettacolo ammirato al Teatro dell’Opera di Roma, nato in collaborazione con il Teatro Massimo di Palermo, ha un cast vocale di vero prestigio, determinante per l’ottimo esito di quest’opera. Qui John Osborn, tenore americano, ha indossato con grande sicurezza scenica i panni di Fra Diavolo, risultando coinvolgente e sicuro nell’emissione vocale, ma anche spiritoso e divertente. Anna Maria Sarra ha dato vita a Zerlina, ragazza consapevole del proprio fascino e preoccupata di evitare nozze non gradite e di congiungersi con l’amato Lorenzo, Giorgio Misseri dalla bella voce compatta e senza squilibri, Sonia Ganassi con la consueta classe ha rivestito con molto humour i panni di Lady Pamela. Molto bene anche Roberto De Candia, un Lord Rocburg aristocratico e un po’ sciocco dalla perfetta vocalità, Alessio Verna propone un Matteo ben calibrato, mentre Jean Luc Ballestra e Nicola Pamio, sono rispettivamente Giacomo e Beppo, degni compari di Fra Diavolo. Tutti indossano costumi coloratissimi di Francesco Esposito.
Lo spettacolo ha registrato il debutto all’Opera di Roma del giovane direttore d’orchestra scozzese Rory Macdonald, perfettamente a suo agio a dirigere una partitura complessa che deve trovare equilibrio nel linguaggio di Auber, ridondante di citazioni rossiniane.