Protagonista assoluto del programma di Santa Cecilia è il talento, della giovane violinista Lisa Batiashvili, del grande direttore Antonio Pappano e della sua arte nel rendere in pieno il clima delle opere che dirige, facendo riscoprire ad un pubblico attento brani musicali rinnovati da uno smalto nuovo.
Il programma scelto è particolarmente congeniale ad una serata dedicata al Maestro Victor De Sabata, di cui ricorre il cinquantenario dalla morte, che fu direttore eccelso (di lui si ricordano interpretazioni da manuale delle opere di Wagner), e compositore di pregio che seppe offrire con coerenza stilistica la sua arte visionaria.
Coerentemente, il programma si articola su autori come Schubert e Ciaikovskij, con una incursione nel contemporaneo di una Cantata di Morricone.
Il momento più atteso è il ritorno sul palcoscenico del Parco della Musica di Lisa Batiashvili, già apprezzata a Roma al suo debutto nei concerti ceciliani del 2012. Ed è suo il fascino sprigionato da una lettura intensa e passionale del Concerto per violino. Lei, insignita dei massimi riconoscimenti, dalla lunga esperienza costruita nel percorso artistico a cominciare dai suoi sedici anni, lei forte dei rapporti di collaborazione con i più famosi direttori d’orchestra, con le maggiori compagini del mondo, a cominciare dai mitici Berliner, lei che trae suoni caldi e appassionati da un Guarneri del Gesù del 1739.
Il ‘Concerto per violino in re maggiore’ è per il compositore il puntino di luce bianca, lontano e agognato in una realtà di tenebre e di angoscia. Convinto dalla propria auto distruttività a sposare Antonina Miljukova, determinato a nascondere il proprio orientamento omosessuale, si ritrova accanto una donna che “ha il vuoto assoluto sia in testa sia nel cuore”, dalla quale trova ben presto la forza di fuggire intraprendendo come lavacro un viaggio in compagnia del fratello Modest e della sua famiglia che lo porterà da Clarenz, in Svizzera, a Parigi e poi in Italia, Firenze, la città “più cara di tutte le straniere”, e poi Roma, Napoli e altre tappe e ancora Clarenz, dove porta a compimento pagine immortali come quelle del “Lago dei Cigni”, ma anche la IV° sinfonia, l’Evgenij Oneghin e vari pezzi per pianoforte.
Ed è in quel frangente, anche emotivo, nel marzo del 1878, che giunge a Clarens il giovane allievo e squisito violinista Josif Kotek. È il lampo che accende di fuoco le luci dell’immaginazione e creatività, nasce il meraviglioso primo movimento e poi rapidamente il resto dell’opera. Il concerto è pronto a percorrere una ridda di emozioni; dalla malinconia iniziale esplode un momento di danza vivace e febbrile dove il violino dialoga con i legni dell’orchestra per poi offrirsi intero al virtuosismo del solista in una cadenza che qui, sul palcoscenico del Parco della Musica, ha messo in evidenza l’abilità e la profondità della interpretazione della Batiashvili. Da allora il cammino verso la celebrità di questa pagina immortale, dopo aver sconfitto ingiustizie, preconcetti, tutto un paniere di difficoltà iniziali.
Qualche anno fa, nel 2009, il ‘Concerto’ è il protagonista e il fulcro di un bellissimo e pluripremiato film di Radu Mihãileanu che racconta di un grande direttore d’orchestra degradato all’epoca di Breznev a uomo delle pulizie del Bolshoi, che riesce a ricomporre la sua prestigiosa orchestra e a portare al pubblico parigino una memorabile ed emozionante interpretazione del brano. Oggi, si può dire che Ciaikovskij è anche il suo Concerto per violino in re maggiore.
Il travaglio interiore, la scoperta dei primi segni della sifilide che lo avrebbe sei anni dopo ucciso, connotano di dramma e di malinconia l’esistenza del venticinquenne Franz Schubert in quell’autunno del 1822 quando comincia la stesura di quest’opera impareggiabile, rimasta e nota come “Incompiuta”, ovvero la Sinfonia n.8 in sol minore. Ritrovata casualmente dal direttore d’orchestra Johann Herbeck fra le carte autografe del compositore, l’opera ha dato la stura a molte congetture sui motivi che spinsero l’autore ad accantonare il progetto. Un intenso colore drammatico, una linea melodia nuova e così caratteristica schubertiana, un clima di rinnovamento con ardite trovate armoniche e formali caratterizzano quest’opera in sé compiuta al di là della scansione in soli due movimenti (del terzo rimane un abbozzo di poche battute) che ne giustificano in pieno l’enorme popolarità.
A completare il programma “ Voci dal silenzio” una Cantata di Ennio Morricone, scritta dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelli di New York dell’11 settembre, che vede in palcoscenico un grande organico, il Coro e la voce recitante di Mariano Riggillo che declama la lirica del poeta Richard Rive “Dove termina l’arcobaleno”.