Spettacolo

Campo de’ Fiori.

Ricordo di un grande "romano de' Roma".

Roma, 11 aprile 2020. Che la vita sia strana, a tutti i livelli, è un fatto di cui ci si è resi abbondantemente conto; tuttavia rimane incomprensibile come non vengano adeguatamente ricordati dei personaggi che sono stati grandi protagonisti nel loro percorso.

In questo caso, a livello artistico, è passato completamente sotto silenzio il ricordo di un grandissimo attore della caratura di Aldo Fabrizi. Ho volutamente aspettato qualche giorno per verificare se, come talvolta succede, la ricorrenza, nello specifico, del trentennale della sua scomparsa, avvenuta il 2 aprile del 1990, venisse in qualche modo significata; invece nada de nada come direbbero in Spagna.

Capisco che siamo nell’anno del centenario dalla nascita di Alberto Sordi e che adesso è anche un momento storico particolare, ma che neanche nei media della sua città sia stato ricordato mi sembra quasi un oltraggio.

Romano purosangue, assiduo frequentatore del cuore della Capitale avendo la sua famiglia gestito un banco di frutta a Campo dè Fiori, Fabrizi non è stato solo un attore comico come maggiormente viene identificato per una serie di interpretazioni in proposito.

Artista completo, sia di teatro che di cinema e successivamente anche di televisione, Fabrizi ha all’attivo ruoli drammatici e brillanti, da protagonista e non, con registi come Rossellini, Lattuada, Monicelli, Steno e via dicendo.

Accennavo all’aspetto comico di Aldo Fabrizi in special modo per alcuni duetti con Totò, come nel celeberrimo Guardie e ladri del 1951 o ne I tartassati del 1959, dove si alternavano nel ruolo di primo attore e di spalla in virtù della loro forte intesa ed amicizia. Come dimenticare invece la drammaticità con cui interpretò Don Pietro in Roma città aperta del 1945 di Rossellini al fianco di Anna Magnani.

A mio modesto avviso anche e soprattutto in due altre pellicole Fabrizi ha dato un saggio delle sue qualità di attore drammatico e cioè in Mio figlio professore del 1946 di Castellani, dove tratteggia un bidello che a prezzo di enormi sacrifici cerca un riscatto sociale facendo studiare il figlio che diventa poi un insegnante, abbastanza presupponente, proprio nella stessa scuola dove lavora il padre, e Il delitto di Giovanni Episcopo del 1947 di Lattuada nella parte di un modesto archivista che viene trascinato da ambigui personaggi e dal fascino di Ginevra, una conturbante Yvonne Sanson, ad una vita più spericolata rispetto alla sua routine giornaliera.

Come non ricordare il Nastro d’argento conseguito per l’interpretazione del corrotto costruttore in C’eravamo tanto amati del 1975 ed il famoso Mastro Titta nel Rugantino del teatro Sistina della stagione ‘62/’63 a cui fece seguito il successo personale nella stessa commedia in trasferta negli Stati Uniti a Broadway.

Fabrizi si è dilettato anche nella composizione di svariate poesie in dialetto romanesco in onore del suo grande amore: la pastasciutta.

Non a caso sulla sua bara c’è un epitaffio:<< tolto da questo mondo troppo al dente>>.

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